lunedì 22 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - CARNEVALE DI IVREA

Storico Carnevale di Ivrea

 

 

La storia

Quello di Ivrea è il più antico Carnevale storico d’Italia (il primo verbale risale al 1808), un evento unico in cui storia e leggenda si intrecciano per dar vita a una grande festa civica popolare dal forte valore simbolico, durante la quale la comunità di Ivrea celebra la propria capacità di autodeterminazione ricordando un episodio di affrancamento dalla tirannide di medievale memoria. Noto ai più per la spettacolare Battaglia delle arance che si svolge per tre giorni nelle principali piazze cittadine, il Carnevale eporediese si caratterizza per un complesso cerimoniale che attinge a diverse epoche storiche fino a culminare nel Corteo Storico. Vera protagonista è la Vezzosa Mugnaia, simbolo di libertà ed eroina della festa sin dalla sua apparizione nel 1858. Ad accompagnarla il Generale, di origine napoleonica che guida il brillante Stato Maggiore, e a seguire il Sostituto Gran Cancelliere, cerimoniere e rigido custode della tradizione, i giovanissimi Abbà, uno per ognuno dei cinque rioni e il Podestà, rappresentante del potere cittadino. A scandire il Corteo le note delle pifferate degli amati Pifferi e Tamburi. Lo spirito dello Storico Carnevale d’Ivrea, perfettamente tramandato dalla Canzone del Carnevale Una volta anticamente, vive nella rievocazione della sollevazione del popolo contro il Marchese di Monferrato che affamava la città. Nella leggenda fu il gesto eroico di Violetta, la figlia di un mugnaio, a liberare il popolo dalla tirannia. Ribellatasi allo ius primae noctis imposto dal barone, Violetta lo uccise con la sua stessa spada e la celebre Battaglia delle arance rievoca proprio questa rivolta. In segno di partecipazione alla festa tutti i cittadini e i visitatori, a partire dal Giovedì Grasso, su ordinanza del Generale, scendono in strada indossando il classico Berretto Frigio, un cappello rosso a forma di calza che rappresenta l’adesione ideale alla rivolta e quindi l’aspirazione alla libertà, come fu per i protagonisti della Rivoluzione Francese.

Battaglia delle arance

È l’elemento più spettacolare del Carnevale, quello che meglio rappresenta la rivolta del popolo (gli aranceri a piedi) contro le armate del tiranno (gli aranceri sui carri). Per tre pomeriggi (da Domenica a Martedì Grasso) le squadre a piedi, senza alcuna protezione, combattono contro gli aranceri sui carri, protetti da caschi di cuoio (“maschere”).
La battaglia è un concentrato di ardore e lealtà. Non è raro vedere avversari in battaglia darsi la mano in segno di rispetto, riconoscendo l’abilità e il coraggio altrui. Le nove squadre occupano ognuna una zona fissa: gli Asso di Picche, la prima nata nel 1947, tira in Piazza di Città, che condivide con la Morte (1954). In piazza Ottinetti troviamo gli Scacchi (1964) e gli Scorpioni d’Arduino (1966), mentre I Tuchini del Borghetto (1964) sono i soli a tirare sulla riva destra della Dora Baltea. In piazza del Rondolino combattono la Pantera Nera (1966), i Diavoli (1973) e i Mercenari (1974). Infine i Credendari (1985) che tirano in piazza Freguglia.
I carri da getto sono divisi in pariglie (2 cavalli) e quadriglie (4 cavalli) e si alternano all’interno delle piazze per pochi minuti. Non solo l’ardore in battaglia e la correttezza nel tiro, ma anche la qualità degli allestimenti e i finimenti dei cavalli sono elementi che concorrono a definire le classifiche finali. I criteri di valutazione del design dei carri vengono definiti da un apposito Osservatorio Creativo. Tra i protagonisti vi sono anche i cavalli, da sempre oggetto di grande cura e rispetto in città: proprio a Ivrea, a luglio, ha luogo la Fiera di San Savino, la seconda rassegna equestre italiana.

Panoramica per visitare Ivrea al meglio

Ivrea è una città ricca di cose da vedere e da fare, ricca di elementi storici architettonici di rilievo e, allo stesso tempo, è ricca di aree naturali nelle quali poter trascorrere del tempo all’aria aperta, all’insegna del relax e del benessere. Rappresenta uno spicchio del Piemonte che unisce la grande città di Torino alla vicina Vald’Aosta con il vicino Parco Nazionale del Gran Paradiso dove convivono tecnologia e Medioevo allo stesso tempo, folklore e arte.

Il monumento simbolo è rappresentato dal famoso Castello di Ivrea. Splendida città con un centro storico che si inerpica su di una collina, mentre la parte moderna si sviluppa in zona piana.

Il suo piccolo ma meraviglioso borgo storico è ricco di elementi a partire dal Palazzo Civico, oggi Municipio, con la scala santa o "scala del Comune". La meravigliosa piazza centrale, Piazza Nazionale nota anche come "Piazza della città". Fondamentale è anche la meravigliosa Cattedrale e il Palazzo Vescovile, la piazza del Duomo di Santa Maria, e il già citato castello dalle rossi torre. Proseguendo, possiamo visitare la Chiesa di San Gaudenzio, il Santuario di Monte Stella, la Chiesa di San Bernardino e la Sinagoga. Meravigliosa è la presenza del Ponte Vecchio e del Borghetto, oggi il ponte costituisce l’odierna Via delle Rocchette con una meravigliosa fontana dedicata a Camillo Olivetti. Da visitare è anche la Torre di Santo Stefano.

Per gli amanti della storia e dell’arte si possono visitare diversi musei a partire dal Museo civico P.A. Garda, l’Anfiteatro Romano, il Museo all’aperto di architettura moderna (MAAM), il Teatro Giacosa, il Cinema Giuseppe Boaro e il Laboratorio di Musica e Tecnologia. Numerose sono anche le strutture istituzionali presenti quali, le diverse biblioteche come quella civica e quella capitolare; ad Ivrea è inoltre presente la facoltà di farmacia dell’Università e un’Università della terza età.

Sorgendo al centro di uno dei più grandi anfiteatri morenici d’Europa, poco fuori dalla città, lungo la strada per la Val d’Aosta aono presenti quelli che vengono definiti gli Anelli dei cinque laghi: San Michele, Cascinette, Montalto, Nero e Sirio uniti l’uno all’altro da un sentiero naturalistico dotato di segnaletica da percorrere a piedi o in mountain bike, all’insegna del benessere e dell’aria pulita. Durante il percorso si possono scorgere resti dell’antico acquedotto romano e il Castello di Montalto Dora. Anche i dintorni del Canavese sono estremamente suggestivi, si possono fare degli itinerari molto suggestivi, partendo da Ivrea stessa che comprendono sia la visita a borghi medievali, ricchi di storia, cultura e arte, sia i diversi castelli che i percorsi letterari.

Per gli amanti dello shopping sono numerosi i negozi, le piccole botteghe che si sviluppano lungo le vie del centro storico e sotto il Castello. Si possono fare acquisti di tutti i gusti e per tutte le tasche, lungo i corsi principali e le vie a scacchiera che li compongono, dai souvenir ai capi di abbigliamento, alle calzature. Non manca la possibilità di poter acquistare prodotti tipici locali legati anche all’enogastronomia genuina e di qualità. Grazie alla presenza dell’amministrazione comunale si è potuto rendere ufficiale l’apertura in alcuni periodi dell’anno di molti negozi che si trovano vicino al Castello di Ivrea anche fino a tarda notte per promuovere e rendere sempre maggiormente fruibile il territorio stesso.

La cucina canavese rappresenta uno dei cuori pulsanti della gastronomia piemontese, i ristoranti che animano il centro storico e anche le aree immediatamente limitrofe, offrono dell’ottima cucina locale di qualità, legata ad antiche tradizioni e sempre alla ricerca di qualcosa che sia del tutto originale ma allo stesso tempo conservi le caratteristiche tradizionali che caratterizzano tutta la città in generale.

Per gli amanti della vita notturna e delle ore piccole, ad Ivrea non manca la possibilità di poter trascorrere del tempo presso qualche meraviglioso pub, locale che si sviluppa per il centro storico della città. Per gli appassionati degli aperitivi sono molti i luoghi nei quali è possibile fare quelli caratterizzati dall'apericena, ascoltando dell’ottima musica dal vivo e potendo fare due chiacchiere in tranquillità. Nelle zone immediatamente limitrofe ed adiacenti al centro si possono trovare anche delle discoteche adatte a tutte le età dove il divertimento fino a tarda notte è assicurato.

Per gli amanti dello sport e delle competizioni sportive ad Ivrea è presente lo stadio comunale Pistoni situato esattamente nel quartiere di San Lorenzo, ovvero nella zona est di Ivrea stessa. La struttura è utilizzata principalmente per le attività di promozione e organizzazione dell’attività calcistica. Ad Ivrea non è solamente il calcio ad essere importante, ci sono anche altri sport che rendono viva l’attività sportiva della città come la squadra di rugby, quella di canoa, di pallavolo e di football americano. La città è stata più volte attraversata dal giro d’Italia così come anche del Rally d’Ivrea.

Il modo migliore per arrivare ad Ivrea è attraverso l’autostrada, tuttavia la città dispone di un servizio di trasporto pubblico dotato di una ferrovia che è situata in periferia dove con il treno si può facilmente raggiungere la città. Il servizio locale, costituito principalmente da autobus effettua un servizio molto efficiente, gestito dal Gruppo dei Trasporti Torinesi e permette di raggiungere tutte le aree di Ivrea stessa. Si consiglia di visitare il centro storico a iedi. Sono presenti anche dei pullman che collegano Ivrea alle immediate città vicine come Torino, Valle d’Aosta per escursioni giornalieri o soggiorni più lunghi.


martedì 16 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - BRUXELLES

Bruxelles, weekend d’arte e cultura nell’anno di Magritte

Due o tre giorni a spasso tra arte e cultura nella capitale belga, che dedica al grande artista del Surrealismo un omaggio a 50 anni dalla sua scomparsa 


Nuvole, bombette, oggetti fluttuanti. Se amate l’universo surreale del pittore belga più famoso di tutti i tempi, René Magritte, questo è l’anno migliore per fare un salto “a casa sua” per rendergli omaggio. L’anniversario – il cinquantesimo – della sua scomparsa (15 agosto 1967) ha messo in moto una grande macchina di eventi. Musei e centri culturali di Bruxelles hanno creato un marchio comune denominato L’Anno di Magritte e stanno dando vita a una ricca serie di  mostre, conferenze, incontri. Ecco cosa si sta facendo per far conoscere le meraviglie che il più grande esponente del Surrealismo ci ha lasciato, e per celebrare  il suo genio.

È l’Atomium , il simbolo per eccellenza di Bruxelles, il luogo da cui parte il tour sulle tracce di Magritte. Il celebre monumento in acciaio, costruito in occasione dell’Esposizione Universale di Bruxelles del 1958, è sede fino al 10 settembre 2018 del percorso L’Atomium incontra il Surrealismo. Attraverso scenografie e tecnologie innovative, sono messe in scena alcune celebri opere del maestro belga, tra cui Gli amanti (1928), Doppio Segreto (1927) e Il figlio dell’uomo (1964), che consentono al pubblico di immergersi completamente nel suo enigmatico universo.  Si tratta di un percorso  durante il quale il visitatore ha accesso completo -visivo, tattile e uditivo- al mondo concettuale dell’artista, completato dalla presenza di proiezioni e citazioni di Magritte sulla sua arte e sul Surrealismo.

Seguendo il fil rouge dei luoghi dedicati al pittore, si fa tappa al Musée Magritte, un concentrato di opere dell’artista che apre al pubblico due grandi mostre, visibili 7 giorni su 7, a partire dal 13 ottobre. La prima, intitolata “Magritte e l’arte contemporanea”, riunisce lavori di alcuni artisti da George Condo a Gavin Turk, da David Altmejd a Sean Landers, che, dagli Anni  80, si sono lasciati ispirare dalla période vache del surrealista del 1948. La seconda mostra, invece, “Magritte e Marcel Lecomte”, si sofferma sul rapporto di stima e amicizia che il pittore intrecciò con il poeta surrealista, attraverso lettere e materiali d’archivio esposti per la prima volta. Nelle sale del museo vale la pena soffermarsi, infine, anche ad ammirare le bozze dell’affresco per il soffitto a cupola del Théâtre Royal des Galeries  prima di andare a vederlo dal vivo. Realizzata dal pittore nel 1951 nel corso di lavori di ristrutturazione dell’edificio, l’opera raffigura un cielo di un azzurro irrealistico punteggiato da nuvole bianche.

Qualunque sia il periodo dell’anno in cui decidiate di recarvi qua, la capitale belga non delude mai. Magritte a parte, Bruxelles è in realtà una città ricca di cose da vedere e da fare, dove ogni mese si tengono festival ed eventi che coinvolgono l’intera cittadina e anche i suoi visitatori.
La capitale belga è  una fucina di novità, centri d’arte contemporanea e musei unici al mondo. Come la Casa della Storia d’Europa, il museo inaugurato lo scorso maggio nell’oasi verde del Leopold Parc, nelle sale del novecentesco Palazzo Eastman, dove è offerta ai visitatori una panoramica della storia europea. Anche i nuovi spazi per la creatività sono tanti.

Sempre in primavera ha aperto i battenti il centro MAD,  uno spazio polivalente di lavoro per diffondere progetti legati alla moda e al design belgi. Mentre gli Chateaux d’Eau, ex cisterne ottocentesche nel cuore del Bois de La Cambre, uno dei tanti polmoni verdi della città, invece, ospitano oggi lo studio e le produzioni del designer Alain Bertau. L’ultimissima novità in fatto di arte a Bruxelles sarà una gigantesca hub che verrà realizzata il prossimo autunno all’interno di un’ex fabbrica di carta nei pressi dell’aeroporto di Bruxelles e che ospiterà atelier di artigiani, spazi espositivi, uno studio di registrazione e un ristorante. A dimostrazione del fatto che Bruxelles non si arresta un attimo.

Nonostante tutte queste novità, ci sono tappe classiche in città che vale la pena riscoprire durante ogni viaggio a Bruxelles. Tra tutte la Grand Place, la piazza gotica più affascinante del Belgio, su cui affacciano i principali edifici della capitale e da cui si dipanano come arterie le vie più caratteristiche del centro storico ricolme di antiche birrerie e cioccolaterie, dove è impossibile non fare una sosta di gusto anche in questo weekend dedicato all’arte e, in particolare, a Magritte. Per non disperdere la tradizione, Bruxelles l’anno scorso ha presentato la domanda di inserimento della birra belga tra i patrimoni dell’umanità. E indovinate un po’? L’Unesco ha risposto positivamente. E se vi state domandando cosa c’entri la birra con Magritte, sappiate che c’entra, eccome: il Museo Magritte in collaborazione con la Brasserie de la Senne  ha ideato una birra al 100 per 100 surrealista, in cui le caratteristiche del colore, luminosità e schiuma sono state create per far emergere lo spirito della pittura di Magritte. Prodotta in edizione limitata, la birra Magritte sarà disponibile esclusivamente presso il Bar del museo e nei negozi dei Musei Reali delle Belle Arti del Belgio. Cosa c’è di meglio che gustare la tradizione con “un sorso” di modernità?

 

lunedì 15 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - CARTAGENA

Cartagena, cultura, storia e dolce vita sotto il sole dei Caraibi

Case coloniali, balconi e patii fioriti, boutique e ristorantini, chiostri conventuali del Seicento. Ma l’anima di questa metropoli della Colombia è ben più complessa di quella turistica: sì spagnola, coloniale e colorata, ma anche visceralmente india e nera. Una storia multiforme da leggere tra le viuzze e un'atmosfera da assaporare con calma. Sorseggiando un caffè, rigorosamente miscela arabica

 

Sole, Caraibi e Cartagena. Non importa quante ore di viaggio abbiate sulle spalle né quale sia il vostro umore prima di poggiare il piede a terra, sull’acciottolato lucido di Plaza Santa Teresa e immergervi nella sua atmosfera: la città coloniale, perla della Colombia, è pervasa da un’energia contagiosa, a cui è impossibile, e sarebbe sciocco, resistere.

A prima vista Cartagena de Indias può apparire una meta turistica di puro edonismo, assolata e gaudente nella sua perenne estata caraibica, e anche troppo da cartolina: merito delle case coloniali, dei balconi e dei patii fioriti, delle boutique e dei ristorantini d’atmosfera, dei chiostri conventuali del seicento che la trasformazione in hotel ha conservato pressoché intatti (a tal proposito, non mancate almeno una visita, all’Hotel San Agustin, il cui splendido patio con piscina è impreziosito dalla presenza di un acquedotto del XVII secolo). Merito anche dello spirito festaiolo dei suoi abitanti, “costeños”, come si definiscono loro, che si sentono anche nell’anima più prossimi ai Caraibi che a Bogotà. Accusata di essere indifferente al conflitto armato tra il governo e le Farc che ha dilaniato il Paese dagli Anni 60, Cartagena ha, in effetti, un passato recente di prosperità e ricchezza: un benessere diffuso e sedimentato, palpabile passeggiando per il centro storico, Patrimonio Unesco dal 1984, lungo vie acciottolate fiancheggiate dalle caratteristiche architetture colorate, magari sbocconcellando una delle classiche arepas, frittelle di farina di mais e formaggio, una delle glorie culinarie locali.

Ma per vedere oltre la superficie basta iniziare a perdere tempo sulla tabella di marcia del turista, bighellonare sulle mura possenti che circondano la città (per questo è detta ciudad amurallada), che più di una volta l’hanno salvata dalle invasioni dei pirati e che oggi caratterizzano il profilo magnetico del suo centro storico.
«Vedrai, a Cartagena ogni cosa è diversa. Questa solitudine senza tristezza, questo oceano incessante, questa immensa sensazione di essere arrivato», come raccontava Gabriel Garcia Marquez descrivendo la sua città adottiva, è una sensazione tangibile, che va assaporata con calma. Ci si può spingere fino al caratteristico quartiere Getsemani, che era la parte povera del centro storico, per leggere nei coloratissimi murales, vere opere d’arte open air, la storia del barrio e delle persone che lo abitano, orgogliose della loro identità ibrida messa in discussione da uno sviluppo troppo veloce. Oppure ci si può perdere tra un chiostro, all’ombra di un giardino o in una sala di salsa. Basta seguire l’onda del ballo caraibico e, ancora di più, quello della champeta, ritmatissimo, selvaggio, cento per cento africano, per capire quanto l’anima di Cartagena sia più complessa: sì spagnola, coloniale e fiorita, ma anche visceralmente india e nera, abitata da meticci (discendenti di amerindi e bianchi), mulatti (discendenti di neri e bianchi) e zambos (discendenti di amerindi e neri). Sede del terzo tribunale dell’Inquisizione nel Nuovo Mondo – da vedere, in Plaza de Bolívar –  era l’unica città, insieme a Veracruz in Messico, a essere autorizzata al commercio e allo smistamento degli schiavi verso le altre colonie e impiegò i neri nella sua stessa costruzione, nella profanazione delle ricchissime tombe gli indios Zenu come nella costruzione di edifici e fortezze.

Tracce di questa storia complessa, multiforme – e spesso infame – sono nei colori sgargianti degli abiti delle palenqueras (donne discendenti degli schiavi, fanno parte oggi del folklore del centro). Oppure nei sapori ancestrali che gli chef locali stanno recuperando dal loro passato: da assaggiare nei ristoranti del centro storico, come La Cocina di Pepina o La Mulata, da scoprire nel grande, ricchissimo mercato popolare Bazurto. Fatelo accompagnati da una guida dell’agenzia Foodies come Diana Blanquez, la cuoca di etnia Zenu che accompagnò anche Anthony Bourdain nella sua visita, e assaggiate pesce fritto con yuca, riso con granchio, hulo e mango.

Ma c’è un altro gusto colombiano fondamentale per capire l’essenza di questo Paese: quello del caffè, rigorosamente miscela arabica. Viene coltivato da piccoli fazenderos nella regionde dell’Eje (distretto) Cafetero, un mondo rurale fatto di fincas e gauchos col cappello di cuoio, ma che poi arriva a Cartagena, per essere degustato dai turisti e dai colombiani facoltosi: una tappa nella caffetteria del Café San Alberto, marchio leader del settore, in questo senso, è illuminante. La degustazione è un rituale da insegnare a chi viene da lontano, perché possa diventare veicolo di un turismo di livello, uno strumento di rilancio per una terra – la Colombia intera –  al pari di quello che Chianti e Barolo hanno rappresentato per l’Italia. Si beve caffè, insomma, con il sogno di trasformarlo in vino, e quindi in oro. Ma, appunto, in ogni sorso di caffè, sorseggiato nella pace ovattata di una città radiosa e in splendida forma, c’è un intero Paese, pronto al riscatto.

 

QUANDO ANDARE IN COLOMBIA

In questa zona della Colombia fa caldo tutto l’anno: dicono che qui esistano solo due temperature, caliente e mas caliente. Ogni luogo comune ha un perché. Il periodo delle piogge va da maggio a novembre ma l’unico mese da evitare per un viaggio è ottobre.

COME ARRIVARE IN COLOMBIA

La via più comoda dall’Italia è con Klm, che collega i maggiori aeroporti italiani a Cartagena 3 volte alla settimana, il martedì, giovedì e sabato, con comode coincidenza all’aeroporto di Amsterdam Schiphol (si viaggia con tutti i comfort sul Boeing 787 Dreamliner).
La durata del volo è di circa 16-20 ore (1 ora e mezza per Milano-Amsterdam, 14 ore per Amsterdam-Cartagena). Per info non esitate a conttatarci!

DOVE DORMIRE A CARTAGENA

Due indirizzi, entrambi cinque stelle lusso ospitati in palazzi storici che meritano una visita ovunque alloggiate. Fanno parte della catena Lhw (Leading Hotels of the World).
La Casa San Agustin è uno splendido palazzo del Seicento che in origine ospitava un convento di monache. Nel cortile interno, a fare da quinta a una piscina, un muro risalente a un acquedotto del XVII secolo. Offre 20 camere e 10 di grande atmosfera, compresa la lussuosa Suite del Virrey, alcune con piscina privata. Gli arredi in stile tradizionale colombiano, gli affreschi d’epoca, i soffitti in legno sono la cornice di un hotel che ha davvero tutti i comfort. Il bar, aperto anche agli esterni, ha un’atmosfera coloniale, e serve ben 17 tipi di gin. Da provare la spa: i trattamenti sono ispirati a quelli tradizionali colombiani in versione extra lusso (un dettaglio, i prodotti per l’igiene personale nelle stanze sono firmati Ortigia).
Il Charleston Santa Teresa è composto da due parti, una coloniale, una repubblicana. Ci sono due ristoranti, uno nel grande cortile centrale, l’altro al sesto piano, accanto alla piscina, con vista sulla città. Una curiosità: la responsabile delle relazioni esterne, Natalia Navarro, è stata Miss Colombia nel 2009.
Se pensate di visitare Cartagena a fine anno, potreste avere l’opportunità di essere tra i primi ospiti dell’Hotel Las Islas, in fase di completamento: oltre 50 bungalow distribuiti su 32 ettari di vegetazione sull’Isla Barù. Si dorme in riva al mare o appollaiati a 20 metri di altezza, in uno scenario che emoziona.

DOVE MANGIARE E  DIVERTIRSI A CARTAGENA

Assaggiate la cucina locale reinterpretata dallo chef Herberto Eljach nell’ambiente raffinato del Restaurante Alma (presso Casa San Agustin). Provate la cucina tradizionale in un ambiente curato nel dettaglio, da Candé, in calle Estanco del Tabaco 35, ogni sera, con accompagnamento di musica dal vivo, oppure a La Mulata.
Dove bere qualcosa e ballare. Con musica dal vivo al Café Havana, per bere i migliori cocktail della città fatte sosta da Alquimico. Altro indirizzo da segnare in agenda, El Baròn, in Plaza San Pedro Claver.

TOUR GUIDATI ED ESPERIENZE A CARTAGENA

Per visitare il quartiere Bazurto contattate l’agenzia Foodies. Per il Getsemani, Satistours. Per una lezione di Salsa, affidatevi a Crazy Salsa. Per una degustazione guidata di caffé, l’indirizzo giusto è Cafè San Alberto, in calle Santos de Piedra  n°3.

 

venerdì 12 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - SHIZUOKA

A Shizuoka, nel regno del tè verde giapponese

Tra Tokyo e Osaka c’è una valle culla di storie di esperienza e fatica, di rituali e segreti della terra. Qui vivono tradizioni millenarie legate alla coltivazione e al piacere del tè, arrivato per la prima volta dalla Cina nel tredicesimo secolo. Tra oceano e montagne con vista sul monte Fuji, un itinerario gourmand in questa prefettura poco conosciuta dagli occidentali

 

Avete mai provato a puntare lo sguardo su qualcosa di verde? Che sia un bosco, un prato o una piantagione di tè l’effetto è rilassante. Ed è proprio questa sensazione che rimane impressa di fronte alla distesa color smeraldo, che come un’onda, abbraccia le dolci colline appena fuori da Shizuoka. Siamo nella città nell’omonima prefettura, sulla costa sud di Honshu, l’isola più grande delle quattro principali del Giappone, approssimativamente al centro del Paese, sulla costa del Pacifico bagnata dalla baia di Suruga. Poco turistica, Shizuoka, dalla forma stretta e allungata, è conosciuta per le sue piantagioni di tè verde: nella regione, viene prodotto ben il 40% della popolare bevanda. Vi troverete nel cuore di foreste di bambù e aranceti dove la cultura del tè nipponico risale al 1241, quando un monaco giapponese, Shoichi Kokushi, tornò dalla Cina e piantò nella sua provincia natale i semi della pianta che sarebbe diventata la maggior fonte di reddito di questa regione. Arrivare qui? Basta solo un’ora dalle più turistiche Osaka e Tokyo, grazie ai treni ad alta velocità Shinkansen Hikari. Lasciatevi alle spalle la stazione di Shizuoka e la zona più vivace per imboccare la Strawberry Beachline e immergervi in un panorama inatteso.

SULLA STRADA DELLE FRAGOLE, VERSO LE COLLINE CON VISTA SUL MONTE FUJI

Si chiama Ichigo-kaigan-dori ed è una statale, esattamente la 150, che da un lato costeggia l’oceano e dall’altro snocciola una sfilza di serre (visitabili) dove si coltivano fragole, specialità locale. In circa mezz’ora di autobus dalla principale stazione cittadina arriverete alla collina Nihonadaira, parco naturale nazionale che raggiunge un’altezza massima di 308 metri sul livello del mare. Proprio su queste alture, puntellate di ciliegi, piantagioni di tè e giardini di mandarino, si trova il Nippondaira Hotel, un’ottima base non solo per alloggiare ma anche per godere di uno dei 100 più bei panorami del Giappone: Da qui, oltre alla città di Shizuoka, si vede il porto di Shimizu, cittadina accorpata al capoluogo dal 2003, la penisola di Izu, la baia di Suruga e il Monte Fuji, il vulcano simbolo del Paese, alto 3.776 metri, che domina la pianura di Kanto.

UN AMBASCIATORE ITALIANO PER LA TERRA DEL TÈ

Proprio a Nihondaira c’è il quartiere dello Simizu S-Pulse, la squadra di calcio dove ha giocato a fine carriera Daniele Massaro, ex punta del Milan, ancora molto amato dai giapponesi e oggi primo ambasciatore del tè verde di Shizuoka nel mondo. E come per il vino e per il caffè, anche dietro al tè c’è un’enorme cultura, oltre che un’abile e faticosa manodopera, che si tramanda di generazione in generazione: produttori e artigiani per i quali il tè è vita. È il caso di Jiro Katahira, 33 anni, che cura e governa con amore ettari di campi immersi nei silenziosi boschi sopra Shimizu. Katahira è uno dei volti che dedicano tempo e professionalità per creare un prodotto di altissima qualità, declinato in molte varietà (circa una ventina). Il più diffuso è il sencha, poi ci sono il pregiato gyokuro e il matcha, per chi ama un sapore più intenso. Qui si scoprono i segreti della degustazione: l’aroma di questa bevanda cambia a seconda della zona di produzione, della tostatura, ma anche della dimensione della foglia e della temperatura dell’acqua con cui viene filtrata. L’ideale sarebbe tra i 90 e i 60 gradi per circa 40 secondi di infusione. C’è davvero tutto un mondo verde da esplorare a Shizuoka: si ha l’opportunità di vivere esperienze come la raccolta delle foglie (da fine aprile a inizio ottobre), o la tradizionale cerimonia del tè, per poi visitare giardini, fabbriche, bar a tema. Un suggerimento? Fate pausa al Green Cafè  nella località di Shimizu. Un indirizzo dove potete gustare l’autentico tè verde in diverse varianti, ma anche vedere dal vivo la lavorazione che si svolge nello stabilimento accanto.

DALLA SPIAGGIA AL TEMPIO

Per una foto da cartolina, dovrete essere fortunati, poiché il venerato Fuji si fa scorgere solo nelle giornate più limpide. Ma ricordatevi che il Monte si può osservare da più vicino lungo la spiaggia di Miho no Matsubara, sette chilometri circondati da un’ampia pineta che un tempo erano coperti da una leggendaria sabbia bianca (citata anche nella leggenda di Hagoromo, opera di teatro giapponese). Oggi rimangono però solo piccoli ciottoli neri di origine vulcanica. Una breve ma interessante gita? Dalla cima della collina Nihonadaira prendete la funivia Nihondaira Ropeway che vi porta in pochi minuti al santuario Kunozan Toshogu, alle pendici del monte Kuno, a nordest del centro città. Visiterete un affascinante tempio scintoista del 1617, in stile architettonico gongen – zukuri. Si tratta di un’articolata costruzione dedicata a Tokugawa Ieyasu, l’uomo che all’inizio del XVII secolo ha fondato la dinastia dello Shogunato Tokugawa, inaugurando il Periodo Edo e anni di pace.

MANGIARE AL MERCATO DEL PORTO

All’antico porto di Shimizu, di notevole importanza commerciale per l’esportazione di tè, per il traffico merci e come luogo di attracco per alcune navi da crociera, potete avere uno sguardo pittoresco sulla città. Lasciandovi alle spalle la quiete della collina, qui vi potete imbattere nel Shimizu Uoichiba Kashinoichi, il mercato del pesce, affacciato sul mare.  All’interno? Alcuni ristoranti dove mangiare piatti di don buri (una tipica scodella di pesce, carne, verdure o altri ingredienti lasciati bollire insieme e serviti sul riso), sgranocchiare edamame e bere una fresca birra. Appena la luce cala questo è il luogo giusto dove i locali vengono ad archiviare la giornata, tra risate, sorsi di whisky e sakè, ciotole di soba e tempura che copiose animano lunghe tavolate. Una dritta per pesce freschissimo? Salite al secondo piano della parte del mercato detta Maguroka, verso il ristorante Totosuke, noto per la sua superba selezione di tonno. Altro luogo che potrebbe interessarvi nei dintorni del porto? S-Pulse Dream Plaza, un grande centro commerciale. All’interno, oltre alla Dream Sky, una ruota panoramica di 53 metri, e un cinema, c’è lo Shimizu Sushi Museum dove si possono conoscere le origini del sushi, e la Shimizu Sushi Yokocho, una zona con tanti diversi ristoranti di sushi, con offerte per tutte le tasche fino al kaiten-sushi, il popolare fast food che serve sushi sul nastro trasportatore.

INCONTRI SOTTOVOCE E UNA CUCINA UNICA

In questa parte orientale del Giappone, composta e gentile, piccoli studenti, shougakusei, scorrazzano per le strade e gli anziani, qui molto numerosi proprio per lo stile di vista tranquillo e il clima mite, cavalcano comode biciclette. E poi, sapori e profumi si fanno notare grazie a una cucina raffinata caratterizzata da equilibrio di forme e colori, da assaporare tra le pareti di locali tradizionali, dove vige rigore estetico secondo la regola che anche ciò che si vede stuzzica l’appetito. Per questo, mangiare fa parte di un’esperienza culturale. Le specialità? Wasabi, che si narra sia stato scoperto a queste latitudini 400 anni fa, il già nominato tè verde, sushi, fragole, gamberetti Sakura, tonno e sakè di altissima qualità, ma anche colorato cibo di strada che potete scovare camminando con curiosità tra Shizuoka e Shimizu. Una bella atmosfera la trovate da Tsujimura (13-5 Tsushimacho Suruga-Ku, Shizuoka, +81 54-288-6122), una tipica ryoriya, locanda con pareti di carta di riso, dove gustare la cucina kaiseki, fatta di successioni di piccole portate molto curate nella presentazione a base di verdure, pesce e dolci deliziosi.

SHIZUOKA, CITTÀ TRA SPECIALITÀ GOURMET E MODELLINI

Se tornate in città, oltre a bighellonare per il centro pieno di negozi e vetrine, segnatevi alcuni indirizzi come la piccola gelateria Nanaya, specializzata in gelati e dolci aromatici prodotti usando il matcha (polvere di tè verde) coltivato a Fujieda, nella prefettura di Shizuoka. La particolarità? Potete scegliere il gelato al tè matcha, disponibile in sette livelli di intensità, il livello 1 è il più delicato. Ci sono anche sesamo, tè verde tostato e diversi gusti al latte. Altra chicca? Nell’area a sud della stazione c’ è la Shizuoka Hobby Square, una sala di esposizione di modellini di giocattoli, di vari produttori (tra cui la nota Bandai) con sede a Shizuoka, soprannominata tra l’altro “la capitale mondiale dei modellini”. Prima di ripartire, se avete tempo, fate un giro al Sumpu Park, parco pubblico a circa 800 metri dall’uscita nord della stazione di Shizuoka. Un tempo in questo luogo si ergeva un imponente castello, il Sunpu-jo, costruito nel 1585 su volere di Tokugawa Ieyasu. Oggi rimane solo il fossato pieno d’acqua attorno al parco, che accoglie il Momijiyama Japanese Garden, un piccolo giardino in stile giapponese diviso in zone, ognuna delle quali raffigurante un diverso paesaggio. Vi è annessa una piccola stanza dove viene celebrata la rituale cerimonia del tè. Da sapere, un dato interessante: le ultime ricerche dicono che il tè verde – antiossidante, energizzante, ipocalorico, ricco di minerali e vitamina C – fa molto bene alla salute. Insomma, una visita a Shizuoka potrebbe anche farvi ringiovanire.

 

mercoledì 10 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - EMOZIONI NEL CENTRO ITALIA

Nel Centro Italia, a caccia di emozioni

Quattro itinerari fra arte, natura ed enogastronomia attraverso Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. È la proposta di Enit per riportare i turisti nelle regioni colpite dal sisma del 2016

 

Le vette delle montagne della Duchessa e quelle del Gran Sasso; l’area protetta dell’Agro pontino e le grotte di Frasassi; le scogliere del Conero e il sabbioso litorale abruzzese. E, ancora, le cascate delle Marmore, le Terme del Bagnaccio e il corso del Tevere. Si aggiungano, poi, le distese di morbide colline punteggiate di abbazie, castelli, piccoli borghi, e cittadine cariche di arte e di storia come Gubbio e Urbino, e si otterrà una (minima) parte del lungo elenco di luoghi che si scoprono attraversando il Cuore d’Italia, dall’Abruzzo al Lazio, dalle Marche all’Umbria. Colpito dai terremoti del 2016, quel cuore ha ripreso a battere, ma ha ancora bisogno di cure. E il turismo è un’ottima terapia per far ripartire l’economia di un territorio la cui ricchezza sono i paesaggi, i centri d’arte, i prodotti enogastronomici. Ecco perché Enit, l’Agenzia nazionale del Turismo, si appresta a lanciare la campagna “Centro Italia. Emozioni intorno a te”: un invito rivolto a turisti italiani e non a tornare in quei luoghi. Al centro dell’iniziativa quattro itinerari, fra i più interessanti che legano le quattro regioni: quattro percorsi che prendono per mano il viaggiatore e lo guidano nel cuore dello Stivale, fra oasi naturalistiche, borghi sospesi nel tempo, aree archeologiche, musei di pregio ancora poco conosciuti. Proposte destinate a suscitare l’attenzione di chi stesse già pensando ai prossimi ponti primaverili o alle vacanze estive.

LA GRANDE TRAVERSATA

Ogni itinerario è organizzato attorno a un tema, dai parchi alla storia, dalla magia delle grotte all’acqua. Filo conduttore, quest’ultima, di una “grande traversata” coast to coast, dall’Adriatico al Tirreno e ritorno. Un on the road che tocca tutte e quattro le regioni seguendo il tracciato di una delle strade più antiche d’Italia, la Salaria, che da duemila anni collega Roma a Porto d’Ascoli scavalcando montagne, seguendo il corso del fiume Velino con le sue gole spettacolari, passando per centri pieni di bellezza come Ascoli Piceno e Rieti. Lungo il percorso si sfiorano anche centri colpiti dal terremoto, come Amatrice e Arquata del Tronto, luoghi del dolore cui riportare la speranza. Per il ritorno, si può prendere la più moderna Val di Chienti per scoprire Macerata e Tolentino. Il percorso si offre come spunto e ispirazione per quanti vogliano conoscere quei territori incantati, liberi, tuttavia, di inventare deviazioni e divagazioni lungo la strada. Coloro, invece, che volessero seguirlo passo passo, nei centri di informazione turistica di Lazio e Marche trovano una brochure bilingue, italiano e inglese, ricca di informazioni e indicazioni che, come una sorta di bussola, li guiderà alla scoperta delle due regioni e dei luoghi di Abruzzo e Umbria incrociati dai percorsi.

TREKKING E GROTTE

Chi agli spostamenti in automobile preferisce il ritmo lento del trekking può avventurarsi lungo il Cammino naturale dei Parchi, un percorso che si sviluppa fra Abruzzo e Lazio attraverso sei aree protette e ambienti che cambiano continuamente, dalle pianure dell’Agro Romano fino alle pendici dell’Appennino centrale. L’itinerario copre 430 chilometri, ma naturalmente si può decidere di percorrerne solo alcuni tratti, in base all’interesse e al tempo a disposizione. Il percorso ha un sito dedicato con descrizione e informazioni utili su tutte le 25 tappe (camminodeiparchi.it).

Un altro itinerario tematico porta alla scoperta delle grandi formazioni carsiche presenti in tutte e quattro le regioni: grotte spettacolari come quelle di Pastena, in Lazio, e di Frasassi, nelle Marche, la Grotta del Monte Cucco, in Umbria, e quelle di Stiffe, in Abruzzo. Ma si può anche percorrere il cuore d’Italia inseguendo le suggestioni della storia nelle Terre del duca, un circuito culturale delle città dell’antico Ducato dei Montefeltro, fra Marche e Umbria, che oltre alla storica capitale, Urbino, tocca Gubbio, Pesaro e Senigallia.
Qualsiasi itinerario in Centro Italia si decida di seguire, ovunque si incontreranno i profumi e i sapori di una cucina ricca di gusto e straordinariamente varia, legata alle produzioni locali, e il calore di genti di innata ospitalità. Abitanti di territori che stanno cercando di rialzarsi e ai quali il turismo può dare un grande aiuto.

 

lunedì 8 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - POLINESIA FRANCESE

Polinesia Francese: un sogno possibile nelle pension de famille

L'Eden esiste e non è più un sogno proibito, grazie alle strutture a conduzione famigliare. Guest house, boutique b&b, maison d’hôtel, accoglienti e dai prezzi accessibili, svelano il volto più vero e autentico della Polinesia. Da Tahiti Iti a Taha'a e Fakarava, mari da cartolina, spiagge deserte, atolli e esperienze da vivere una volta nella vita 


“Venite qui, senza paura. Attenti a quei coralli e alle rocce scivolose. Ecco. Non pensate anche voi che questo sia l’Eden?”. Dopo l’invito, Tutu, un abitante del luogo, si abbandona alle acque placide della laguna di Fakarava, rimanendo aggrappato a una boa. In quel silenzio caldo, tra pesci colorati e mare cristallo, non si trovano argomenti per contraddirlo.
Nell’immaginario comune, la Polinesia è una sfilata di atolli candidi e lagune orlate di favolose (e costosissime) suite sospese sull’oceano. È tutto vero. Ma se quello elitario non fosse l’unico volto? E nemmeno il più autentico? Il paradiso perduto di Gauguin e Stevenson, l’incanto dell’universo liquido di arcipelaghi – cinque quelli della Polinesia Francese: le Isole della Società con Tahiti, Tuamotu, Gambier, Marchesi e Australi – esiste. E non è nemmeno più tanto caro. C’è una Polinesia a prezzi accessibili: sono le pension de famille, una gamma di strutture a conduzione familiare. Guest house, boutique b&b,  maison d’hôtes in legno, come le antiche fare, tipiche costruzioni polinesiane, con verande sul mare accarezzate dagli alisei o immerse in giardini di pompelmi e palme. Cucine che profumano di latte di cocco, vaniglia e zenzero. Qui non si rinuncia al sogno, anzi. Ci si concede il lusso di scoprire posti inediti. Tra cui la stessa Tahiti.

SURF A TAHITI: IN ATTESA DELL’ONDA PERFETTA

L’isola-simbolo della Polinesia è un mito un po’ sbiadito agli occhi dei viaggiatori contemporanei, che si fermano a Papeete giusto il tempo di ripartire per mete più lontane. Eppure, appena scesi dall’aereo della Air Tahiti Nui allo scalo di Faa’a, si capisce di essere arrivati in un posto speciale.
Non lo rivela la natura, ancora avvolta nella notte: il colpo di teatro è al risveglio, al Vanira Lodge, maison d’hôtes nella foresta sopra Teahupoo, con nove bungalow ispirati alle fare. La veduta sulla laguna dai colori cangianti è uno dei segreti ben celati di Tahiti Iti, piccola propaggine a sud dell’isola maggiore (Tahiti Nui), a cui è collegata dall’istmo di Taravao. “Persino agli stessi tahitiani questa parte dell’isola è sconosciuta” sostiene Haunui Faraire, giovane guida locale. Con la moglie Maruia ha fondato Teahupoo Adventure, che organizza escursioni in barca e fuoristrada. “Si può fare trekking, yoga o equitazione. Ad agosto si esce per avvistare le balene. Ma chi arriva qui vuol vedere le onde”, confessa Marine Vidalenc, del Vanira Lodge. E magari cavalcarle, come fanno i surfisti professionisti del Billabong (competizione internazionale che si tiene in agosto). O come i ragazzini tahitiani, che fin da piccoli prendono confidenza con la tavola e il mare. È stato Timothé Faraire, il padre di Haunui, il primo a surfare questo break negli anni Settanta e a insegnare al figlio lo sport. “Ho accompagnato in barca la troupe del film Point Break per riprendere le scene di surf. Il remake (2015) è stato girato qui” svela Haunui, mentre osserva le evoluzioni degli sportivi.
Visto dal mare, questo lato di Tahiti Iti ha un fascino maliardo. Costa velata dallo sbuffo delle onde, montagne dalle creste aguzze inghiottite dalle nubi, nessuna strada dopo la marina. Sembra impenetrabile, ma non lo è: superata qualche pensione raggiungibile solo via mare e attraccata la barca a un moletto nascosto poco oltre Hotapuu, ci si addentra a piedi tra un groviglio di uru (alberi del pane), palme, ciuffi di zenzero selvatico, cascate. E, alla fine del trekking, ci si tuffa con una liana nel Vai Poiri, “fiume dalle acque scure”. Per pranzo, sosta a Toahotu, a La Plage de Maui, ristorante di Rose Wilkinson e Alain Corre, per assaggiare il poisson cru, tartare di tonno marinato nel lime e latte di cocco. Il nome è un omaggio a Maui, il semidio che donò il sole agli uomini, come ricorda il film Disney del 2016, Oceania.

PERLE E VANIGLIA: L’ORO NERO DI TAHA’A

“Cielo chiaro”. È il significato del nome Raiatea, l’isola sacra dei mari del Sud, come dimostra il marae Taputapuatea, antico sito, Patrimonio Unesco, dove venivano celebrati riti tra le pietre che si pensava custodissero il Mana, la forza vitale soprannaturale. A 45 minuti di volo da Papeete, Raiatea è la maggiore delle Isole Sottovento e condivide, con la più piccola Taha’a, la stessa laguna.
Raggiungere Taha’a in taxi boat è invece semplice: solo 15 minuti e si è già in un altro mondo. “La mia non è una pension de famille; meglio definirla una pensione di amici”, scherza Roberto Di Mascio. Con la moglie Lilly gestisce la fare d’hôtes La Perle de Tahaa; a luglio 2018 ne aprirà una seconda di cinque bungalow, il Tahaa Village. Con le montagne selvagge alle spalle, il silenzio palpabile, i tramonti di fuoco sulla laguna, non si sente bisogno di altro. La colazione si fa sul patio di casa Di Mascio: papaya, frutto della passione, pane al cocco. All’ora di cena, tra aragosta e pesce pappagallo alla brace, si ride e si chiacchiera tutti seduti allo stesso tavolo: Clément e Eymeric, sui trent’anni, marine francesi in congedo premio, stanno girando da un anno la Polinesia zaino in spalla.
Nathalie Panayoty, un passato da chef su yacht di lusso, e Laurent Guiraudies, skipper, invece, dopo tanto vagare si sono fermati a Taha’a. Organizzano crociere fino a Bora Bora con il loro catamarano Azuline, ormeggiato davanti al molo di Di Mascio.
Tra i lussi de La Perle de Tahaa c’è la posizione, proprio di fronte al motu Tautau, isoletta di sabbia, e al giardino di coralli, uno dei più belli della laguna. Maschera e boccaglio e ci si ritrova fra anemoni, pesci pagliaccio e farfalla. Per scoprire un altro dei tesori marini di Taha’a, invece, bisogna percorrere in bici o in auto la strada verso la ferme perlièr (allevamento di perle nere) di Vaite Aiho, Love Here Pearl Farm, una delle tre rimaste sull’isola. Qui, oltre ad acquistare gioielli originali, si ha la possibilità di assistere a tutto il processo: dall’innesto del nucleo all’interno della Pinctada margaritifera, l’ostrica perlifera, all’estrazione della perla dai riflessi opalescenti.
Taha’a, però, deve la sua fama a un altro tesoro. Il profumo che proviene dalle piantagioni di Gustave Matimo, proprietario della Maison de La Vanille, in località Poutoru, fa intuire di che cosa si tratti. Taha’a produce l’80 per cento della vaniglia tahitiana. I fiori sbocciano tra luglio e agosto e l’impollinazione – mariage, in gergo – si può fare solo a mano. Sono poi i frutti tiepidi e bruniti, perché essiccati al sole, e massaggiati tutte le sere per mantenerne la forma allungata, a sprigionare l’aroma: talvolta è così forte che sembra ci sia una pasticceria segreta nascosta nella foresta.

A SUD DI FAKARAVA: SNORKELING CON GLI SQUALI

Vivere esperienze. Il che comporta anche abbandonare i ritmi di casa. Ci si sveglia con l’alba e ci si saluta alle 20 – perché tutto chiude dopo il tramonto – come fanno i tahitiani, che nel qui e ora hanno trovato il segreto della felicità. E pazienza se si è in attesa del taxi boat per lasciare l’isola: alla pronuncia di un je suis fiu da parte del conducente – in parole semplici “sono stufo”, ma sarebbe più una sorta di spleen in salsa polinesiana – nulla si può fare; sarà un altro a offrire il passaggio. Più dell’indolenza polinesiana, comunque, può la natura, che detta i tempi delle uscite in mare e la vita negli angoli più selvaggi di Fakarava.
La conferma si ha approdando alla Pension Raimiti, sul Motu Irifa, a nord di Tetamanu. Un piccolo mondo incantato, ma non per tutti. Da Raimiti lo spaesamento è totale: niente connessione wi-fi e, soprattutto, niente elettricità. Se si è pronti ad abbandonare la tecnologia, ci si gode la magia della notte illuminata da lanterne a olio, in dotazione anche nei bungalow, alcuni vista laguna, altri sul reef. Fuori, imperversa il rombo dell’oceano. “Volevo mettermi alla prova in un contesto selvaggio, ritornare alla natura senza perdere me stesso”, confessa Eric Lussiez, il proprietario. La sua inquietudine ricorda quella di Strickland (alter ego romanzato di Gauguin), protagonista de La luna e sei soldi di Somerset Maugham: “A volte ho immaginato un’isola perduta in un mare immenso, dove potrei vivere in silenzio. Là credo che potrei trovare quello che voglio”.
Sanno cosa cercano, invece, gli appassionati di sub. “Mi piacciono questi posti che rispettano l’ambiente. E a Fakarava il diving è tra i migliori al mondo” conferma Christian Lainé, un ospite della pensione, mentre indossa la muta. “Alla passe sud di Tetamanu – Tumakohua, ti immergi con centinaia di squali”. Un brivido che si può sperimentare anche solo indossando la maschera, nuotando vicino a riva tra esemplari di pinna nera. “Ma ci sono così tanti posti meno conosciuti da vedere” dice ancora Lussiez. Nella laguna, Riserva della Biosfera dell’Unesco, si avvistano le megattere da agosto a metà novembre; persino sotto il molo nuotano razze e mante tra banchi di Fistularia petimba, pesci lunghi e sottili come nastri, continua Lussiez. “Da qui mi trovai a contemplare il mare. Era tanto azzurro da perdersi nell’orizzonte. Così scelsi il nome della pensione, Raimiti: Rai (cielo) e miti (mare)”. Non una semplice suggestione. Seduti sulla lingua di sabbia rosa della spiaggia di Irifa, ecco la luce d’argento e l’acqua immobile, l’una riflessa nell’altra. Ogni confine è annullato là dove il cielo tocca l’oceano: raimiti. Ci si può perdere in tanta bellezza e invece ci si ritrova. In equilibrio e appagati. Nell’abbraccio di Mana, lo spirito vitale.



 

giovedì 4 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - LA VALLETTA

La Valletta: gli eventi da non perdere nell’anno da Capitale Europea della Cultura

Mostre, performance artistiche, festival. La capitale di Malta si prepara a vivere un anno da protagonista. Scopriamo insieme gli eventi più attesi, da mettere in agenda

 

Multiculturale, dinamica e cosmopolita. Sono questi i punti di forza di Malta e, in particolare, della sua capitale La Valletta che, proprio grazie alle sue qualità, si è aggiudicata la prestigiosa nomina a Capitale Europea della Cultura 2018, insieme all’olandese Leeuwarden.

La strategica posizione tra Africa ed Europa ha fatto dell’isola il posto perfetto per ospitare un evento di tale spessore alla cui origine c’è, prima di tutto, il rispetto delle differenti culture e la costruzione di ponti per avvicinarle. Gli oltre cento eventi che si terranno nel corso dell’anno hanno come base tre pilastri: avvicinare la cultura alle persone, aumentare le possibilità di lavoro in questo settore e, infine, far sì che la cultura sia un elemento fondamentale nella crescita economica del Paese, sia attraverso il turismo sia con la creazione di nuove opportunità di lavoro. Concetti irrealizzabili? Non qui a La Valletta, dove sono diventati il manifesto di questo evento unico.

Sono tre i temi di Valletta2018, che prende avvio il 20 gennaio, data in cui è fissato il primo grande evento Erba ‘Pjazez, con l’attesa performance del gruppo catalano La Fura dels Baus che presenta uno spettacolo acrobatico mettendo in risalto la Fontana del Tritone in Triton Square: “Island Stories” uno spaccato di vita isolana che dà voce alle comunità presenti a Malta e alle loro tradizioni; “Future Baroque”, il cui intento è di far dialogare le due facce dell’isola, quella barocca, della tradizione, e quella contemporanea, dei giovani;  “Voyages”, un’opportunità per celebrare il viaggio inteso sia come vita che come scambio di prospettive, idee e culture.

Immancabili i classici eventi, come il consueto Carnevale, che dal 9 al 13 febbraio anima il centro storico di La Valletta con parate, competizioni, danze e concerti, e il Valletta Green Festival, che dal 4 al 6 maggio offre ai visitatori la possibilità di conoscere i tesori nascosti della capitale come i giardini del Palazzo dell’Arcivescovo e del Convento di Santa Caterina. Interessante anche il Malta International Arts Festival, che le prime due settimane di luglio coinvolge maltesi e turisti con performance teatrali, musicali e artistiche innovative.

Ma sono tante le novità in programma. Tra tutte il Valletta 2018 Space uno spazio realizzato dagli studenti di architettura e destinato ai cittadini che, a partire da agosto, potrà essere utilizzato da chi vuole organizzare eventi creativi o semplicemente passare del tempo libero nella struttura, o lo U-19 Malta: Create your world, dove si possono ammirare le proposte innovative in tema di meccanica e arte realizzate da giovani under 19 che parteciperanno poi all’Ars Electronica di Linz, in Austria, o lo Young Expo, un progetto innovativo che nell’autunno coinvolgerà giovani artisti attraverso esibizioni fotografiche, cinematografiche, pittoriche da loro realizzate. L’obiettivo, sottolineare come i problemi possano essere risolti in modo inusuale e creativo attraverso l’arte.

Poi, impossibile non fermarsi ad assistere a danze, concerti, performance e proiezioni tridimensionali sulle facciate degli edifici più emblematici della città, come l’Auberge de Castille, lo splendido palazzo che ospita l’ufficio del Presidente della Repubblica e la Camera dei Deputati sul quale, in occasione dell’inaugurazione di Valletta2018, il 20 gennaio, verrà proiettato un filmato che racconta il passato e immagina il futuro di Malta.

Tra un evento e l’altro non può mancare un giro per il centro storico di La Valletta per riscoprire i suoi luoghi-simbolo, come i palazzi con i tipici balconi in legno colorati in Battery Street, gli antichi palazzi nobiliari, la Cattedrale di San Giovanni che custodisce due preziose tele di Caravaggio, La Decollazione di San Giovanni Battista e San Girolamo Scrivente, gli Upper Barakka Gardens, i giardini colonnati che dominano il porto e regalano la vista più affascinante sulla città.
L’isola è una sorpresa continua, non importa quante volte sia stata visitata, a ogni viaggio Malta regala nuove emozioni.

martedì 2 gennaio 2018

PARTIRIPARTI - LISBONA

La Lisbona che verrà e quella scoprire ora. Design e alta cucina: guida pratica alla città

Lisbona si conferma una città in fermento, sempre piacevole da visitare e riscoprire. Dai nuovi musei alle mostre da vedere ora, dai progetti per il futuro ai consigli su dove mangiare e dove dormire, tra stellati, ristoranti tipici, ostelli di design e hotel di charme, ecco una mini-guida alla capitale portoghese

 

 

Godersi il tramonto da una delle terrazze dei nuovi hotel, guardando il Tago dalle acque blu come gli azulejos che decorano gli edifici cittadini. Provare i ristoranti stellati che propongono una gastronomia sempre più raffinata. Scoprire i nuovi musei, che arricchiscono il maestoso centro storico con una ventata d’innovazione. Concludere la serata con un drink in un locale della zona delle Docas, lungo il fiume, uno dei luoghi al top della movida lusitana.
Ci sono tanti buoni motivi per trascorrere un weekend a Lisbona. La capitale portoghese, che già si è aggiudicata il Wallpaper Design Award come migliore città del 2017 grazie agli interventi di riqualificazione a opera di nomi di grido dell’architettura e del design, si è recentemente aggiudicata il premio come miglior città al mondo per un city break ai World Travel Awards 2017. Insomma, anche per chi già la conosce, vale la pena tornarci, per scoprirne la novità.

COSA VEDERE ADESSO A LISBONA

A celebrare la rinascita architettonica della capitale portoghese, spicca il MAAT, il Museo di Arte, Architettura e Tecnologia, aperto meno di un anno fa nel quartiere storico di Belém. L’edificio progettato dall’archistar inglese Amanda Levete ha la forma di un’enorme onda, la cui superficie in 15 mila piastrelle in calçada (materiale usato per gli azulejos) riflette il vicino fiume Tago. L’edificio si sposa armonicamente con la vicina ex centrale elettrica, in mattoni rossi, che ospita il Museu de Electricitade. Dal tetto del Maat, si gode un superbo tramonto sul fiume.
Non basta. Lisbona è stata la capitale ibero-americana della cultura per il 2017. Il MUDE, il Museo del Design e della Moda, è temporaneamente chiuso per lavori fino a fine anno, ma la sua attività prosegue in sedi esterne. Fino al 31 dicembre c’è un’interessante una mostra dedicata al design brasiliano presso il Palacio dos Condes de Calheta, a Belém.
C’è grande attesa, invece, in zona Santa Apolonia, dove fervono i lavori per il nuovo terminal delle crociere, progettato da João Luis Carrilho da Graça. L’inaugurazione è prevista all’inizio del 2018, e l’edificio avveniristico, nell’idea del suo progettista, avvierà con leggerezza un dialogo architettonico fra città e fiume.

DOVE MANGIARE A LISBONA

Lisbona è anche un luogo di perdizione per buongustai. Sono sette i nuovi ristoranti stellati Michelin in Portogallo: due si trovano nella capitale. Alma  di Henrique Sá Pessoa propone una cucina creativa che unisce la tradizione portoghese a sapori asiatici, mentre Loco propone due menu con 18 mini portate, un vero viaggio d’esplorazione. Chi ama il pesce trova notevole varietà da Doca de peixe, un ristorante tradizionale con una magnifica posizione nella zona dei docks lungo il Tago.
Restando invece nel quartiere di Belém, il nuovo indirizzo stylish è Sud Lisboa, un ristorante di cucina italiana e mediterranea, con vista sullo spettacolare ponte del 25 aprile, aperto tutto il giorno e quindi perfetto anche per uno snack o un aperitivo. Originale anche la proposta gourmet di Bastardo, dove lo chef David Jesus coniuga i sapori della nonna con esplorazioni creative contemporanee.
Per un caffè accompagnato dai tipici pásteis, i dolcetti di pasta sfoglia e crema all’uovo aromatizzata alla cannella l’indirizzo giusto è Pásteis de Belém, un laboratorio artigianale che risale al 1837 e vanta il primato di aver creato i primi pásteis. È poco lontano dal Monastero dos Jerónimos, l’edificio più celebre di Lisbona, e dal Maat.

DOVE DORMIRE A LISBONA

Nel cuore di Lisbona, poco lontano dai quartieri storici Baixa e Chiado, c’è il miglior ostello del mondo. Parola della più grande piattaforma di prenotazione, Hostel World, che ha assegnato il primo posto al Home Lisbon Hostel. Tra i design hotel più rinomati, c’è Memmo Alfama, ovvero il lusso moderno in un edificio antico, con un panorama stupendo sul Tago e sulla città. Da un anno, invece, ha aperto i battenti nel quartiere di Intendente 1908 Lisboa Hotel, un quattro stelle in un edificio d’inizio Novecento che ospita anche una galleria d’arte. Sempre in un edificio storico, è stato da poco rinnovato l’Hotel Do Chiado, nel cuore del quartiere dello shopping.