venerdì 27 aprile 2018

PARTIRIPARTI - REPUBBLICA DOMINICANA

La Repubblica Dominicana è il paradiso dei sub

Statue, formazioni rocciose e soprattutto barche: la Repubblica Dominicana è il regno delle immersioni, grazie ai suoi tanti tesori sommersi 

 

È, la Repubblica Dominicana, uno di quei luoghi che ai sub è in grado di regalare enormi sorprese e straordinarie esperienze. Perché, sotto le sue acque, ci sono dei veri e propri tesori, raggiungibili sia da sub esperti che da quelli alle prime armi. A partire dalla costa settentrionale di Puerto Plata che, con pochi minuti di navigazione, permette di raggiungere Three Rocks, uno dei punti d’immersione più famosi di tutta la Repubblica Dominicana. Siti a 9 metri di profondità, tre pinnacoli di roccia corallina si ergono su di un fondale di sabbia bianca e si lasciano lambire dai pesci damigella e dai pagri dalla coda gialla. Per un’esperienza tra gli animali e la natura.

Un’immersione adatta a tutti è anche quella che permette di raggiungere Cayos Los Siete Hermanos, i 7 isolotti formati da terreni e da sabbie di coralli soprannominati “i 7 fratelli”: nascosti a 3 metri di profondità, nella baia di Montecristi, non è necessario essere sub esperti per raggiungerli. Anzi, il luogo in cui si trovano è considerato il punto d’immersione più completo del Paese, per la ricchezza di paesaggi subacquei – che va dai fondali sabbiosi alle pareti rocciose – e per la sua posizione super favorevole, sempre riparata dai venti. Altrettanto semplice è la discesa verso il Museo Submarino Igneri Caribe Taìno, museo sommerso 3 metri sotto il mare – che, a Punta Cana, tra Playa Blanca e Playa Serena – conta 20 sculture scolpite dal celebre artista plastico Thimo Pimentel, chiamate a rappresentare l’eredità indigena della Repubblica Dominicana.

Nel Parco Nazionale di Cotubanamà, invece, l’Isola di Saona ha una superficie di 110 km2 e si raggiunge con un’escursione dalla spiaggia di Bayahibe, a La Romana. Qui, sub con diversi gradi d’esperienza, possono godere di spot straordinari: tra loto Punta Cacòn – che ha acque poco profonde e regala la vista di splendide aragoste tra le scogliere – ed El Catuano, regno degli squali gatto e delle razze.

Ci sono poi le escursioni riservate ai sub più esperti. Per la profondità a cui i relitti (naturali o artificiali) giacciono, ma anche per le correnti forti a cui sono esposti. Poco lontano da Samanà, ad esempio, c’è Piedra Bonita (anche detta “La Torre”), una delle località sommerse più affascinanti di tutta la Repubblica Dominicana. Sita a 60 metri di profondità – e proprio per questo consigliata solo ai divers d’esperienza -, è un’enorme roccia adornata da spugne, coralli e alcionacei. Infine, le navi. La Enriquillo (RM-22), una nave lunga 44 metri e larga 10 che – donata dagli Stati Uniti alla Marina della Repubblica Dominicana nel 1980 – fu consegnata nel 2006 a Grupo Puntacana perché venisse inabissata nei dintorni di Playa Banca, a 18 metri di profondità, in un luogo esposto a correnti molto forti. Mentre, vicino alle Scogliere di Hemingway, riposa” ad una profondità compresa tra i 22 e i 34 metri la Tanya V, una nave lunga 60 metri e affondata nel 1999. Un luogo perfetto per ammirare meravigliosi coralli e spugne. Purché si sia dei sub esperti.

 

martedì 24 aprile 2018

PARTIRIPARTI - TANZANIA

Mal d’Africa: tra i pescatori di Pemba e i safari in Tanzania

A meno di 50 chilometri dalla costa africana, questa piccola isola dell'Oceano Indiano è lontana dal lusso e i comfort della vicina Zanzibar. Qualche lodge, piccoli resort, una guesthouse gestita da una Ong italiana e, tutt'intorno, solo giungla, sabbia e corallo. Una vera scoperta, da abbinare all'esperienza di un safari nell'area protetta della Selous Game Reserve

 

A Pemba c’è poco, eppure c’è tutto. Spiagge deserte, mare, foreste. Non si viene in questa piccola isola nell’Oceano Indiano, al largo delle coste della Tanzania, se si è in cerca di lusso e di facili esotismi. Qui vivono solo pescatori e contadini, seguendo il ritmo ancestrale delle maree e delle stagioni delle piogge. È un angolo d’Africa dall’anima rurale, ancora autentica, che contagia il visitatore con la sua essenzialità e invita alla lentezza. Pole pole, piano piano in swahili, è la parola d’ordine locale. A soli 20 minuti di volo dalla più celebre e mondana Zanzibar, la porta quasi obbligata per arrivarci, ne sembra lontanissima: 984 chilometri quadrati di terra coltivata soprattutto a chiodi di garofano, una manciata di abitanti di religione islamica osservante, pochi negozi, qualche piccolo resort on the beach. Uguale, ma forse più selvaggia, la sua natura e, soprattutto, la trasparenza del mare.

Il modo migliore per scoprirne le infinite sfumature d’azzurro è approfittare delle escursioni in barca. Le organizza l’Emerald Bay, una struttura di pietra e legno nascosta nella vegetazione tropicale, vicino al villaggio di Chokocho, nel sud dell’isola, e permettono di arrivare fino sui banchi di sabbia, che emergono con la bassa marea. Per vivere così per qualche ora, come naufraghi felici, nel mezzo del blu, facendo snorkeling, prendendo un po’ di sole sulla sabbia candida e rifocillandosi con un lauto picnic. 


PEMBA, L’ISOLA CHE PROFUMA DI SPEZIE

Gli abitanti di Pemba vivono di agricolutura, di pesca e della coltivazione e vendita di tre tipi alghe, destinate all’esportazione in Asia ed Europa, per l’impiego nell’industria alimentare e cosmetica. La raccolta è costante, ogni due settimane. Una o due volte all’anno, invece (più o meno a dicembre e a giugno, dipende dalle piogge), si raccolgono i preziosi chiodi di garofano, vale a dire i boccioli di Eugenia caryophyllata, pianta sempreverde, una delle voci più importanti dell’economia locale. Tanto da essere monopolio di stato e, quindi, oggetto di contrabbando. “Nella stagione della raccolta, chi riesce ad aggirare i controlli della polizia cerca di venderne una parte in Kenya, a un prezzo migliore rispetto a quello, molto basso, pagato dal governo”, spiega Bilali Ally Athman, tanzaniano, padre di due figli, che da oltre 20 anni fa la guida in questa regione.
Un po’ ovunque, lungo le strade e davanti alle case, i boccioli dalla fragranza penetrante sono stesi a seccare su grandi teli. Da verdi e rosso vivo, diventano rapidamente marrone scuro. Chi ama questo intenso profumo di spezie può ritrovarlo tutto l’anno. Basta andare alla Pemba Essential Oil Distillery, della Zanzibar State Trade Corporation, non lontana da Chake-Chake, città principale dell’isola che, a parte qualche bottega e il mercato, non offre nulla di speciale. La visita guidata ai laboratori di distillazione è interessante e, alla fine,  si possono acquistare oli essenziali di alta qualità, ottenuti da piante locali, noti per le proprietà curative e cosmetiche. Da portare a casa, non solo essenza di chiodi di garofano, ma anche di eucalipto, basilico, foglie di cannella, citronella.

TURISMO SOSTENIBILE A PEMBA 

Qui, di erbe, la gente ne fa un largo uso e si affida molto a medicamenti naturali artigianali. “Rimedi che non sono sufficienti ad assicurare uno standard sanitario adeguato”, racconta Christiane Schröder, responsabile risorse umane all’Accademia di Architettura di Mendrisio, in Svizzera, incontrata all’Emerald Bay Resort. Viene a Pemba almeno due volte all’anno ed è coinvolta nell’organizzazione di un dispensario medico per il vicino villaggio di Chokocho. “Sull’isola c’è solo un piccolo ospedale, costruito dai cinesi, con due dottori non specializzati. Non basta di certo. Sono stati un gruppo di medici italiani, con l’associazione di volontariato Yetu Africa, a prendere l’iniziativa e a creare, prima, un primo piccolo ambulatorio, poi una nuova struttura in grado di accogliere pazienti, fornire assistenza sanitaria di base e insegnare gli elementari principi d’igiene agli abitanti, che vivono in capanne di fango e paglia”.
Christiane Schröder, per sostenere l’iniziativa, ha fondato un’associazione sorella in Svizzera. “Che cosa mi affascina di Pemba? Il suo aspetto ancora primordiale e il fatto che sia ancora poco sfruttata a livello turistico, con spiagge bellissime”. Come, a nord, quella di Vumawimbi, altro angolo di paradiso. Che l’uomo, come scriveva Alberto Moravia nel libro A quale tribù appartieni, nella sua terrena follia è riuscito a trasformare in un inferno. Sì, perché a Zanzibar, Pemba e sull’isola di Mafia, fino a poco più di un secolo fa, arrivavano gli schiavi da Bagamoyo, “centrale di smistamento” di tutta l’Africa sudorientale, per essere venduti all’asta dai commercianti arabi. Il presente (e il futuro) di Pemba invece parlano la lingua del turismo, con la prospettiva di importanti investimenti da parte di alcuni gruppi alberghieri internazionali. “Nella speranza che lo sviluppo di questo paradiso” dice la guida Bilali Ally Athman, “vada di pari passo con la conservazione dell’ambiente naturale e la salvaguardia del patrimonio culturale e delle tradizioni locali”.
In questa prospettiva si inserisce anche il lavoro di una Ong italiana presente a Pemba da 23 anni anche una Ong italiana, la Fondazione Ivo de Carneri, che ha avviato dei progetti di sanità pubblica e di economia sostenibile con le cooperative dell’isola. La loro guesthouse, quattro camere, una cucina e un ampio bagno a Chake-Chake, è aperta non solo ai medici e agli operatori, ma anche ai turisti che durante la loro vacanza desiderano entrare in contatto con la realtà del posto. In cuicina, Asina prepara ottimi piatti locali a base di carne, pesce, verdure e diverse spezie; e, per colazione, mango, anguria, pane e marmellata. Durante il soggiorno, si può partecipare a escursioni con guida locale in inglese e avere a disposizione una macchina con guidatore. Il circuito è virtuoso: attraverso un turismo solidale e responsabile, il visitatore scopre bellezze dell’isola, sperimenta l’accoglienza della gente e torna a casa con un’emozione in più da raccontare.

KILWA KISIWANI: UN PATRIMONIO UNESCO AL LARGO DI PEMBA

Culture antiche, con le radici proprio al di là del Canale di Pemba, braccio di oceano che divide l’isola dal Continente Nero. Sono in un’altra isola, ancora più piccola, a una ventina di minuti di barca da Kilwa Masoko, cittadina sulla costa della Tanzania: Kilwa Kisiwani. Patrimonio Unesco, è uno dei siti di architettura islamica più importanti e meno visitati dell’Africa a sud del Sahara, e conserva le testimonianze della città-stato fondata nel 957 da un principe persiano e poi governata dagli arabi. Un sultanato medievale che, fra il XIII e il XV secolo, divenne una potenza economica e commerciale. Un luogo magico, che merita una visita: le rovine di palazzi, moschee, di un forte imponente, si animano come fantasmi con lo sfondo del mare solcato dai tradizionali dhow a vela triangolare. Proprio tra queste antiche pietre e all’ombra dei baobab si incontrano spesso, in cerca di ispirazione e tranquillità, gli studenti della scuola coranica. Oggi l’isola è abitata da una piccola comunità di pescatori. E, anche per loro, questo angolo di storia e di ricordi conserva qualcosa di speciale.

SAFARI IN TANZANIA: NEL SELOUS TRA GIRAFFE ED ELEFANTI

Sulla terraferma, a Kilwa Masoko, dell’antico porto arabo resta poco o nulla. Le atmosfere sono quelle di un piccolo e semplice paese di mare. Sulla spiaggia merita però una sosta il Kimbilio Lodge, gestito dall’italiana Elisabetta D’Aniello. Il suo ristorante vista mare, aperto anche a chi non è ospite dell’hotel, è molto frequentato. Ma soprattutto, è una finestra su un angolo di Tanzania quasi arcaica, rimasta ferma nel tempo: un piccolo e chiassoso mercato, le barche dei pescatori che arrivano all’alba, l’andirivieni di gente che si sposta a piedi da un villaggio all’altro, mucche comprese, e persino una squadra di calcio che si allena sull’arenile.

In Tanzania non si può resistere alla tentazione di fare un safari, una parola proprio swahili, che vuol dire viaggio. Anche perché da qui, in una mezza giornata d’auto, si raggiunge la Selous Game Reserve, la più grande area protetta africana, estesa più o meno come la Svizzera, istituita già nel 1905. Un on the road che diventa esperienza. Circa 200 chilometri su uno sconnesso nastro asfaltato, attraverso innumerevoli villaggi dai tetti in lamiera, affollati di persone, che lascia spazio a una pista di pietrisco rosso battuto, sul quale si incontrano rare moto e biciclette, sempre stracariche di legna e merci.

Ci si prepara così alla vastità della riserva, che ospita poco più di una decina tra lodge e campi tendati. Come il Selous Manze Camp, piccolo e romantico, con solo 12 tende, affacciato sul lago Manze. E giraffe, elefanti, ippopotami? Si vedono sfilare comodamente seduti sulla veranda oppure durante i safari in 4×4 e in barca, lungo il fiume Rufiji. Nella zona, ci sono altri due corsi d’acqua, il Beho Beho e il Ruaha, che creano un particolare ecosistema fatto di foreste, colline, radure disseminate di baobab centenari e acacie spinose, paludi e lagune, abitate da coccodrilli e migliaia di uccelli.

Le cene a lume di candela, dal momento che negli spazi comuni e nelle tende non c’è luce elettrica, sono un’occasione di incontro e di confronto con gli altri ospiti, come lo zoologo Malcolm Ryen, quarantenne, italoinglese, arrivato qui per preparare la tesi di laurea, e poi rimasto, conquistato da questo pezzo di Africa

LUCI E OMBRE DI UN PAESE

Una buona notizia dà però nuove speranze. Dall’inizio del 2018 la Cina, il maggiore importatore al mondo, ha messo al bando la lavorazione e la vendita dell’avorio, onorando l’impegno preso nel 2017. Un segnale di grande impatto, che si spera abbia come conseguenza la drastica diminuzione del massacro nel Selous e nel resto del continente. Resta lo spettro del progetto di un impianto idroelettrico nel cuore della riserva, avversato dagli ambientalisti, ma appoggiato da John Magufuli, il presidente della Tanzania. Recentemente la sua politica è virata verso forme sempre più restrittive di controllo dell’opposizione e i suoi interventi in campo economico – come l’introduzione di tasse elevate – hanno messo in crisi l’importante settore minerario, con conseguenze già negative. Dalla sua indipendenza negli anni Sessanta, la Tanzania resta comunque un Paese stabile, dove si può viaggiare tranquillamente.

Dodoma è la nuova capitale amministrativa, ma è Dar es Salaam, sede delle ambasciate, la città principale e cuore economico del Paese. Metropoli tropicale caotica, di oltre quattro milioni di abitanti, non offre particolari bellezze architettoniche, ma l’atmosfera e la commistione di culture, europea, araba, indiana e africana, hanno creato un certo fascino. L’aeroporto internazionale è qui. Così può capitare di trascorrerci qualche ora. Merita fare un po’ di shopping – non mancano botteghe di artigianato di buon livello – ma è il mercato del pesce, sul mare, l’esperienza da non perdere. E ripaga dell’alzataccia, al mattino presto. Una folla di barconi che scaricano ogni genere di pescato e una babele di venditori e compratori in un tumulto di voci, colori, odori. Un’immersione totale nel ventre dell’Africa.



 

giovedì 19 aprile 2018

PARTIRIPARTI - REGGIA DI CASERTA

Come arrivare e cosa vedere alla Reggia di Caserta

Patrimonio UNESCO e residenza reale più grande al mondo per volume, la Reggia di Caserta è uno di quei luoghi da visitare almeno una volta nella vita

 

A vederla da lontano, la Reggia di Caserta è spettacolare. Patrimonio dell’Umanità UNESCO, fu di proprietà dei Borbone di Napoli ed è la residenza reale più grande al mondo per volume. Ma come si arriva qui? Se si raggiunge Caserta in treno (la città è collegata con le principali città del Nord e del Sud grazie a Trenitalia), per raggiungere la reggia è sufficiente attraversare la piazza antistante Palazzo Reale, con una camminata di 5 minuti. In auto, si percorre la A1 Milano-Napoli e si esce a Caserta Nord (oppure la A30 e si esce a Caserta Sud); il parcheggio più comodo è quello di Piazza Carlo III, nei pressi della stazione. In alternativa, è possibile raggiungere Napoli Capodichino in aereo, e da qui prendere un pullman per la città.

Per visitare la Reggia di Caserta è necessario armarsi di scarpe comode, e avere a disposizione un’intera giornata. Tantissime sono le sue stanze e tantissimi sono i giardini, per cui è bene pianificare prima la visita così da non perdersi. Imperdibili sono gli Appartamenti, dove ha sede il Museo della Reggia di Caserta, risultato di una serie di allestimenti cominciati nel 1919 (anno in cui l’edificio divenne patrimonio dello Stato d’Italia). Ci sono poi lo Scalone D’Onore – invenzione dell’arte scenografica del ‘700 -, il Teatro e la Collezione Terrae Motus, costituita dopo il devastante sisma del 1980.

Ma è soprattutto all’esterno, che la Reggia di Caserta dà il meglio di sè. Il suo Parco Reale combina la tradizione del giardino rinascimentale italiano con le soluzioni introdotte a Versailles. Uscendo dal Palazzo Reale, i giardini  presentano vasti parterre separati da un viale centrale che conduce sino alla Fontana Margherita, circondata da boschetti posizionati a mo’ di anfiteatro. C’è poi il Giardino Inglese, che emula in tutto e per tutto la natura nei suoi corsi d’acqua, nei laghetti, nelle rovine secondo la moda legata alla scoperta di Pompei, e nelle tante piante tropicali.

Insomma, come si dice, “non visitarla è un attentato alla cultura mondiale”.


 

 

 

martedì 17 aprile 2018

PARTIRIPARTI - LE TAPPE DEL GIRO D'ITALIA IN ISRAELE

Gerusalemme, Tel Aviv, Eilat: le tappe israeliane del Giro d’Italia 2018

Da Gerusalemme ad Eilat, passando per Tel Aviv e per città storiche e commerciali: il Giro d'Italia 2018 ha inizio in Israele, ed è l'occasione perfetta per visitare un Paese tra i più belli al mondo

 

È uno degli appuntamenti ciclistici più celebri del mondo, il Giro d’Italia. E, per la prima volta, non partirà da una città europea. Il prossimo 4 maggio, la gara prenderà infatti il via da Gerusalemme, “La città eterna”. Qui, come in ogni altra sua tappa, sarà possibile approfittare dell’evento per regalarsi un tour della città e del Mar Morto.

Breve ma molto articolata, la prima tappa del Giro d’Italia comincerà e si esaurirà a Gerusalemme; le due tappe successive, invece, si svolgeranno tra Haifa e Tel Aviv – la seconda – e tra Be’er Sheva ed Eilat la terza. Chi sceglierà di seguire questa prima fase della competizione, dunque, potrà andare alla scoperta di quello straordinario Paese che è Israele. Un luogo di storia e di cultura, ma anche di relax e di divertimento, con i suoi luoghi di culto e quelle lunghe spiagge affacciate sul Mar Mediterraneo e sul Mar Rosso.

Il consiglio è di recarsi a Gerusalemme qualche giorno prima dalla partenza del Giro d’Italia: solo così si avrà tutto il tempo necessario per visitare una delle città più belle del mondo. La sua Città Vecchia, Patrimonio dell’Unesco, in un chilometro quadrato racchiude luoghi dal grandissimo significato religioso: il Muro del Pianto, il Monte del Tempio, la Basilica del Santo Sepolcro, la Cupola della Roccia, la Moschea al-Asqa. E poi il Quartiere Arabo, la Torre di Davide, il Monte degli Ulivi. In ogni angolo, Gerusalemme regala ai visitatori un pezzo di storia. E sensazioni uniche, che a lungo rimangono impresse.

Haifa, città di partenza della seconda tappa, è invece un importante centro industriale affacciato sul Mediterraneo. “A Gerusalemme si prega, a Tel Aviv ci si diverte, ad Haifa si lavora”, recita un detto. E, in effetti, questa città costruita ai piedi del Monte Carmelo, in una baia naturale, è un porto importantissimo. Qui si trovano alcune tra le principali università del Paese, ma anche molti luoghi di culto. E poi mostre, concerti, eventi di ogni tipo. Perché la cultura, ad Haifa, è più viva che mai.

Decisamente più orientata al divertimento è Tel Aviv, con i suoi 34 anni di età media e con un fervore culturare che ha pochi eguali al mondo. A Tel Aviv si passeggia tra le gallerie d’arte del quartiere francese, si assaggia il cibo locale al Carmel Market, il più grande mercato di frutta e verdura della città. E poi si va in spiaggia, tra famiglie con bambini e giovani in vena di far festa. Del resto, se le principali compagnie aeree low cost hanno introdotto collegamenti tra Tel Aviv e l’Italia, un motivo c’è…

La terza e ultima tappa israeliana del Giro d’Italia ha inizio da Be’er Sheva. Qui si può ammirare lo straordinario sito archeologico Tel Be’er Sheva, probabilmente i resti di un’antichissima città biblica. Ed è da qui che ricomincia il Giro, alla volta di Eilat. Sulle rive del Mar Rosso, è uno dei principali spot del mondo per le immersioni. Vi attraccano le navi da crociera e ha splendide spiagge sabbiose affacciate su altrettanto splendide acque. Il luogo giusto per una vacanza al mare, dopo aver seguito le prime tappe del Giro d’Italia.




 

venerdì 13 aprile 2018

PARTIRIPARTI - DALMAZIA

Vacanze in famiglia a Korcula: il bello delle isole dalmate

Cosa fare a Korcula, in viaggio in famiglia: dalle spiagge di Luka Korculanska alle passeggiate sul monte Klupca; magari nei giorni del carnevale in maschera

 

L’isola di Korcula (Curzola) è considerata fra le più belle isole della Dalmazia. Con la una superficie di 271,46 chilometri quadrati è la maggiore dell’arcipelago delle isole dalmate dette Curzoline.

Vicina alla terraferma e alla penisola di Peljesac, è raggiungibile con circa 15 minuti di traghetto. Le bellezze architettoniche e artistiche dell’isola di Korcula così come le sue tradizioni – tra tutte, il ballo popolare chiamato Moresca – si devono all’influenza dei tanti popoli e delle tante culture che l’hanno abitata dai greci agli illiri e romani, e più tardi i veneziani.

Partendo dalla località di Orebic si può raggiungere con il traghetto il centro di Korcula. La città è un esempio di borgo medievale molto ben conservato. La porta di accesso, detta Veliki Revelin, così come le mura antiche e i suoi palazzi regalano agli occhi del visitatore uno scenario davvero suggestivo. La cattedrale di San Marco è una chiara testimonianza dell’influenza veneziana sull’isola; il suo interno è diviso in tre navate; la pala d’altare che rappresenta i santi Marco, Girolamo e Bartolomeo risale alla metà del XV secolo ed è attribuita a Tintoretto.

Per chi ama il sole e il mare e viaggia in famiglia, suggeriamo la spiaggia di Luka Korculanska, poco distante dal centro storico di Korcula. In prossimità della riva i fondali sono bassi e il mare aumenta di profondità in modo graduale: in tal modo è accessibile anche ai bambini che stanno imparando a nuotare. L’isola di Korcula è il paradiso degli amanti della barca a vela e del windsurf; grazie alle correnti che si creano attorno all’isola grandi e piccini possono divertirsi e fare sport in questo mare limpido. Inoltre, vicino alla baia di Vela Luka i fondali marini profondi attirano gli appassionati di immersioni e di snorkeling.

Per chi coltiva la passione per la natura, ci sono sentieri adatti a tutte le esigenze per piacevoli camminate nel verde. A circa 12 km da Korcula, nella parte orientale dell’isola, si può raggiungere Pupnat che è considerato il punto di partenza per diverse escursioni e arrampicate sul monte Klupca, nonché di passeggiate nella rigogliosa macchia mediterranea.

Per far conoscere le bellezze dell’isola ai vostri bambini, programmate poi un itinerario di visita dei villaggi. A 30 minuti da Korcula centro, ad esempio, si raggiunge Lumbarda, con le sue case costruite in pietra e alcune ville risalenti al XV secolo appartenute alle famiglie nobili di Korcula. Un tempo dedita all’agricoltura e alla coltivazione della vite, la popolazione di questa località ha saputo sviluppare l’offerta turistica sfruttando alle sue belle spiagge e la possibilità di escursioni nei dintorni.
Se amate l’idea di farvi permeare dalle tradizioni dell’isola di Korcula, potrete ritagliarvi un po’ di tempo per visitare alcuni fra i centri più importanti dell’isola ovvero Zrnovo, Cara, Smokvica e Blato. Proprio a Blato, le associazioni presenti sul territorio promuovono i prodotti locali, in particolare olio e vino. I più piccoli potranno conoscere i segreti della lavorazione di olive e uva visitando un frantoio e una cantina di notevoli dimensioni. Degna di visita anche la chiesa parrocchiale di Blato, che all’interno custodisce un altare in legno dipinto da Girolamo Santacroce.

Informatevi sui festival e gli eventi in programma nelle varie cittadine di Korcula, durante i quali gruppi folcloristici locali in costumi tradizionali – quelli colorati, “della domenica” – cantano e ballano vecchie danze. Se al tramonto siete nei pressi delle rive di uno dei villaggi potrete assistere ad un momento unico. Alcuni abitanti si radunano e danno vita al coro (Klape) intonando brani di musica popolare semplicemente per il piacere di cantare e raccontarsi.

Altra escursione di una giornata nell’isola di Korcula da non perdere è quella alla magnifica baia di Vela Luka, centro turistico che si trova nella parte occidentale della costa. Grazie al suo clima mediterraneo, è la destinazione più gettonata. Tra le sue attrattive ci sono il centro culturale, il museo, la galleria e la biblioteca civica.

A piedi o in bicicletta, portate i vostri ragazzi ad ammirare la baia di Gradina, a 4 chilometri dal centro; grazie al fondale basso si creano sul mare svariate sfumature di colori che vanno dal verde al turchese. Il 24 giugno in occasione della festa di San Giovanni viene organizzata una regata da Gradina fino al centro cittadino.

Dalla metà di gennaio fino al mercoledì delle Ceneri tutta l’isola festeggia il Carnevale. In ogni località si organizzano spettacoli mascherati per bambini e adulti. Il martedì grasso conclude il Carnevale tenendolo “a processo”, in quanto colpevole di ciò che di sgradevole è successo nell’anno trascorso: il fantoccio del Krnoval viene condannato al rogo e bruciato. Seguono i festeggiamenti di rito, mangiando e brindando in allegria.

L’estate è sicuramente la stagione migliore per visitare Korcula, ma il clima mite e mediterraneo fa sì che l’inverno non sia mai troppo rigido; a gennaio le massime sono attorno a 10-12 gradi e le minime molto raramente si avvicinano a 0 gradi, poiché le montagne della penisola di Pejsac offrono un ottimo riparo dai freddi venti dei Balcani. Insomma, una località per un viaggio in famiglia tutto l’anno.

 

mercoledì 11 aprile 2018

PARTIRIPARTI - GIARDINO DI NINFA

Il Giardino di Ninfa è il più romantico del mondo

Per il New York Times è in Italia il giardino più bello al mondo

 

A volte veniamo a conscenza di certi luoghi che appartengono alla nostra terra leggendo pubblicazioni estere. A volte gli stranieri riescono ad avere un occhio più attento riguardo al nostro meraviglioso patrimonio.

È il caso eclatante del New York Times, che ha eletto il Giardino di Ninfa il più bello e romantico del mondo. E dire che la maggior parte degli italiani non se conosce neppure l’esistenza.

Eppure questo giardino, che si trova a Cisterna di Latina, al confine con Norma e Sermoneta, è stato dichiarato Monumento Naturale dalla Regione Lazio. È un giardino storico di fama internazionale.
Si tratta di un tipico giardino all’inglese, iniziato da Gelasio Caetani nel 1921, nell’area della scomparsa cittadina medievale di Ninfa, di cui oggi rimangono soltanto diversi ruderi, alcuni dei quali restaurati durante la creazione del giardino.

Il Giardino di Ninfa di Cisterna di Latina è un parco da fiaba, tra laghetti, fiori colorati, angoli che sembrano rubati al Paradiso Terrestre, fontane e piante tropicali.

I primi abitanti di questo luogo arrivarono nell’VIII secolo, quando l’Imperatore Costantino V Copronimo concesse a Papa Zaccaria questo terreno fertile.

L’habitat è formato dal fiume Ninfa, da un lago e da tante piante. A ricordo del passato storico rimangono i ruderi di numerose chiese: San Giovanni, San Biagio, San Pietro fuori le mura, San Salvatore e Santa Maria Maggiore, che spuntano dietro le siepi e si confondono con la natura, ma che danno un aspetto molto romantico al giardino.

All’interno del giardino di otto ettari si possono ammirare 1300 specie di piante tra cui 19 varietà di magnolia decidua, betulle, iris acquatici e aceri giapponesi. A primavera i ciliegi ornamentali fioriscono creando un panorama spettacolare. Dal 1976 è stata istituita un’Oasi del Wwf a sostegno della flora e della fauna del luogo.

Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana dedicato alle Ninfe Naiadi, divinità delle acque sorgive, costruito nei pressi dell’attuale giardino.

Per preservare la sua bellezza, la sua biodiversità e l’equilibrio ambientale vengono organizzate solo visite guidate secondo un calendario fisso a partire da aprile e fino a novembre.

 

lunedì 9 aprile 2018

PARTIRIPARTI - LEOPOLI

Leopoli sarà la nuova meta di tendenza degli italiani

Leopoli, in Ucraina, ha tutti i presupposti per diventare la nuova destinazione turistica da scoprire in Europa

 

La chiamano ‘la piccola Parigi’ dell’Ucraina ma anche la ‘Firenze dell’Est’. Leopoli o Lviv ha tutti i presupposti per diventare la nuova destinazione turistica da scoprire in Europa.

Il suo centro storico è Patrimonio mondiale dell’Unesco sin dal 1998 ed è un vero museo a cielo aperto da scoprire passeggiando tra i vicoli e le piazze. Piazza Rynok, l’antica piazza del mercato, è ancora oggi il cuore pulsante della città ed è considerata la piazza più bella di tutta l’Ucraina.

Leopoli è una città dedita alla cultura, grazie anche alle numerose università che vi hanno sede e che attirano migliaia di studenti provenienti da ogni dove. Come centro culturale, rivaleggia con la Capitale Kiev tanto da essere stata anche Capitale ucraina della cultura.

In città si contano oltre 60 musei. Monumenti, chiese (tra le più belle la Cattedrale Cattolica, la Cattedrale Armena, la Chiesa dei Gesuiti e la Chiesa dei Bernardini), templi ed edifici storici come Cernaja Kamenica e Casa Kornjakta in stile Barocco, Rinascimentale e Belle Époque arricchiscono il delizioso centro dominato dai resti dell’Alto Castello (Vysokyi Zamok), il punto più alto della città da dove godere di una straordinaria vista della città e delle cupole delle chiese (da dove il soprannome ‘Firenze dell’Est’).

Essendo una città universitaria, la night life a Leopoli è vivacissima, specie durante il weekend. La scelta tra locali, ristoranti, pub, discoteche e night club è impressionante. Essendo stata sotto il dominio austroungarico, di quel periodo restano anche i tanti caffè dove fermarsi per una piacevole sosta. Del periodo russo, invece, resta ben poco. Leopoli, al contrario di altre città ucraine, non ha evidenti ecomostri né edifici in stile sovietico, almeno nel centro città.

Da qualche mese Leopoli è raggiungibile con voli diretti dall’Italia della compagnia aerea Ernest Airlines. Si parte da Milano Malpensa, Bergamo, Venezia, Napoli e Roma Fiumicino. È un’ottima alternativa per chi desidera trascorrere un weekend alla scoperta di una città nuova e poco conosciuta, almeno per ora. Perché quando gli italiani ne sentiranno parlare vorranno precipitarsi immediatamente.

 

 

giovedì 5 aprile 2018

PARTIRIPARTI - NIZZA

Nizza, il cuore della Costa Azzurra

Qualche suggerimento su cosa vedere a Nizza, cuore pulsante della Costa Azzurra, tra i musei d’arte, il romantico lungomare e l’elegante centro storico.

 

Nizza è uno dei centri turistici più importanti della Francia e a buon titolo il cuore della Costa Azzurra; visitata ogni anno da quasi 4 milioni di turisti, è una meta imperdibile di una vacanza nel sud della Francia. In questa guida scopriremo alcune delle sue migliori attrazioni.

Figlia di una storia che affonda le radici nella preistoria, Nizza è da sempre una delle città più importanti nei rapporti tra nord e sud del Mediterraneo e questa posizione particolare ha reso il suo nucleo urbano una continua stratificazione di culture e storie. Annessa alla Francia solo nel 1860 – la città e l’intera provincia erano infatti parte del regno sabaudo fin dal 1388 – Nizza è diventata un rinomato centro turistico e di villeggiatura visitato da persone di tutto il mondo.

Per scoprire Nizza cominciamo l’itinerario dalla sua più famosa attrazione, la Promenade des Anglais, il lunghissimo lungomare che costeggia la spiaggia di fronte alla città. Una bella passeggiata sulla Promenade è il modo migliore per immergersi nell’atmosfera della Costa Azzurra, ammirando gli eleganti palazzi in stile liberty e godendosi la brezza marina seduti sulle famose sedie blu che accompagnano tutta la lunghezza della spiaggia. Il lungomare è anche la sede dei più importanti eventi pubblici di Nizza come il grandioso carnevale e la suggestiva battaglia dei fiori.

Per osservare le tracce della tradizione italiana a Nizza dirigetevi a Place de la Masséna, che conserva ancora un aspetto “torinese” dovuto alla ristrutturazione effettuata nel 1815 al ritorno nel Regno di Sardegna. Al centro della piazza oggi si trova l’interessante gruppo statuario la Conversazione di Jaume Plensa dedicato ai sette continenti e la grande ed elegante fontana. Cogliete l’occasione per fare una sosta nei numerosi locali e negozi che popolano questa zona della città per poi dirigervi verso il porto dove troverete le piccole barche dei pescatori nizzardi e spesso un variopinto mercatino delle pulci.

Se volete scoprire il lato artistico della città è il momento di visitare dapprima il Museo di Belle Arti Jules Cheret, che conserva molte opere della fine del XVII secolo a tutto l’Ottocento e poi i due musei dedicati a Marc Chagall e Henri Matisse. Il Museo Chagall raccoglie le opere del Message Biblique che il grande artista donò allo Stato francese e rappresentano una profonda riflessione sul testo biblico mentre il Museo Matisse di Nizza conserva una grande collezione di opere che ripercorrono l’intera vicenda artistica di Matisse tra cui la potente ultima stagione delle profonde e immense tele blu.

Per conoscere la storia più antica di Nizza dovrete raggiungere la collina di Cimiez, dove si trovano il sito archeologico di Cemenelum e il Museo archeologico di Nizza. Questi due centri archeologici vi permetteranno di approfondire la fase romana della storia di Nizza, che ha visto la bella città Cemenelum arricchirsi di terme ed eleganti ville in contrasto con il nucleo urbano di Nikaia situato sulla costa. Prima di scendere nuovamente verso il lungomare fate una rapida visita al monastero francescano dove tra suggestive architetture del XVII secolo troverete la tomba di Henri Matisse, sepolto tra gli ulivi del cimitero del monastero.

Tornando verso il lungomare fermatevi a visitare Place Garibaldi, che celebra il luogo natale del nostro “eroe dei due mondi” con una grande statua di bronzo; nelle vicinanze troverete anche la chiesa di Saint-Martin-Saint-Augustin dove il piccolo Giuseppe Garibaldi venne battezzato nel 1807.
Dopo un pranzo “vista mare” in uno dei numerosi ristoranti che si trovano vicino alla Promenade, dedicate qualche ora alla visita della Città Vecchia, partendo dall’elegante cours Saleya, dove viene svolto regolarmente il coloratissimo mercato dei fiori, per arrivare alla spettacolare chapelle de la Miséricorde, progettata in splendido stile barocco dall’architetto torinese Bernardo Antonio Vittone nel 1747. Questa chiesa dalla pianta ellittica è uno dei gioielli del barocco nizzardo e al suo interno si possono ammirare molte interessanti opere della tradizione religiosa di Nizza e della regione.

A poca distanza, un’altra chiesa che non si può perdere è la chiesa di St. Jaques, una magnifica costruzione ispirata alla chiesa del Gesù di Roma decorata con una incredibile quantità di stucchi, dorature e statue di angeli. Già che siete nella zona visitate anche il Palazzo Lascaris, una residenza nobiliare fatta costruire nel 1600 da un ricco aristocratico genovese di famiglia bizantina che rappresenta uno dei momenti più alti della storia artistica e architettonica di età moderna. Il palazzo è un trionfo di decorazioni e il suo massiccio scalone vi stupirà per la sua eleganza mentre verrete accompagnati nel salone principale dove si trovano molti arazzi realizzati su cartoni preparatori dell’artista olandese Rubens.

Per assaporare l’atmosfera della Nizza più autentica passate per la piazza St. Francois, dove si trova il mercato ittico cittadino. Qui, tra i banconi del pesce, vedrete gli abitanti di Nizza e i ristoratori che cercano i prodotti migliori per le loro tavole e potrete comprare il miglior pesce azzurro della regione. Una curiosità di questa piazza è che in una delle facciate delle case che circondano l’area si può ancora vedere una palla di cannone conficcata nel muro, testimonianza dell’assedio nel quale i Turchi strinsero la città nel 1543.

Per concludere questo itinerario per le strade di Nizza, dirigetevi verso lo Chateu, le antiche rovine del castello a difesa della città, posto sulla collina a est del centro storico. Nel meraviglioso parco attorno al castello troverete una rigogliosa vegetazione e una suggestiva cascata che rendono molto romantico questo parco cittadino dal quale potrete accedere alla torre Bellenda che vi condurrà sulla terrazza panoramica. Da questo punto della collina potrete godere di una meravigliosa vista su tutto il centro storico della città che al tramonto si tinge di colori spettacolari e concludere così la vostra passeggiata nel cuore della Costa Azzurra.

 

 

martedì 3 aprile 2018

PARTIRIPARTI - IN BICI SULLE VIE DI DALI`

In bibicletta sulla strada di Dalì in Catalogna

Un tour in bicicletta attraverso la Catalogna lungo vie verdi e ferrovie dismesse, tra parchi naturali e luoghi d'arte

Chi trascorre le vacanze in Catalogna, la regione autonoma spagnola che fa capo a Barcellona, non pensa di poterla girare in biciletta. Eppure questa splendida zona della Spagna è ricca di itinerari che attraversano un entroterra unico, centri culturali importanti e paesaggi molto suggestivi che costeggiano il mare. Come quello sulle Vie verdi di Dalì, un itinerario artistico-naturalistico che, nelle sue tappe, tocca alcuni dei luoghi più belli dell’artista spagnolo.

Questo tour in bicicletta attraversa quella Catalogna (o Catalunya, in catalano) verde e surreale dei vulcani di Garrotxa, di città poco note dal punto di vista turistico come Girona (la maggior parte dei viaggiatori arriva al suo aeroporto per poi fuggire subito a Barcellona), della Costa Brava meno frequentata per concludersi a Figueres, la città di Salvador Dalì, lungo le vie verdi e tratti di ferrovie dismesse.

Il viaggio parte da Girona lungo la via verde e le faggete del Parco naturale della zona vulcanica della Garrotxa, come la famosa Fageda d’en Jordà. Questo parco si estende in un’immensa zona di vulcani, lava, crateri, ceneri e basalto. Si tratta di un parco unico nell’Europa continentale, dove si ergono ben 30 coni vulcanici, crateri, boschi di faggi su fiumi di lava e spettacolari gole, frutto di esplosioni millenarie. Un ambiente selvaggio dove diversi paesini si sono perfettamente integrati come il borgo medievale di Sant Pau. Garrotxa è anche sede di una delle scuole pittoriche paesaggistiche più importanti della Catalogna.

Girona è detta la “Ciudad de los Cuatro Ríos” (Città dei quattro fiumi) e offre un centro storico dominato da costruzioni medievali, Romane, Arabe ed Ebree. La cinta muraria della Força Vella custodisce opere di notevole valore storico e artistico. Il Call di Girona è il quartiere ebraico meglio conservato della Catalogna e uno dei più importanti d’Europa, inoltre le case colorate lungo l’Onyar sono uno spettacolo a tutte le ore del giorno e della sera.

Seguendo il percorso dell’antica ferrovia a scartamento ridotto, è possibile visitare due distretti, Gironès e Baix Empordà, dal bacino del Ter alla valle del Ridaura, attraversando la depressione della Selva, dove i campi coltivati si alternano ai boschi. Questo itinerario conduce fino al mare, nella cittadina di Sant Feliu de Guíxols, sulla Costa Brava.

In questo punto la costa è tutto un susseguirsi di piccole baie, di rocce scoscese e di spiagge di sabbia fine. Da qui si possono raggiungere altre località di mare famose come Calella Palafrugells, Platja d’Aro e Palamós.

Il viaggio in bicicletta si addentra lungo la via verde che va da Palamós a Palafrugell. Questa via verde, conosciuta come l’Itinerario del Tren Petit, scorre lungo una parte dell’antico percorso del trenino che un tempo collegava Palamós con Girona.

Non solo villaggi e natura ma anche siti archeologici. Tra le tante tappe del viaggio c’è anche quella alle rovine di Empúries, una parte dell’eredità che le antiche civiltà Greca e Romana hanno lasciato nella penisola iberica. Questa antica colonia fu fondata dai Greci nel VI secolo a.C. e occupata più tardi dai Romani, che crearono una città propria nel I secolo a.C. Nel III secolo d. C., la città fu abbandonata e sparì, coperta dalla sabbia delle dune. Rimase nascosta per secoli finché nel 1908 cominciarono gli scavi che continuano tutt’oggi.

Il viaggio si conclude nella cittadina di Figueres, dove nacque e morì Dalì. È d’obbligo una visita al Museo Dalì con la famosa stanza con “naso, occhi e bocca”. Ma in città tutto rimanda a Dalì.
Questo itinerario in bicicletta alla scoperta di boschi mediterranei, spiagge, pinete, valli e cime di monti, lungo il tracciato delle vecchie ferrovie dismesse della Catalogna è organizzato dalla FIAB (Federazione italiana amici della bicicletta) dal 30 giugno all’8 luglio. È considerato un percorso di difficoltà media e ogni giorno si percorrono tra i 40 e 60 km. Si può imbarcare la propria bibicletta in aereo oppure noleggiarne una sul posto.