giovedì 30 novembre 2017

PARTIRIPARTI - ZANZIBAR

Zanzibar - cosa vedere 

 

Ovviamente il mare è l'elemento che regala le emozioni più intense, anche solo a guardarlo. i suoi colori sono incredibili ed è impossibile non desiderare di corrergli incontro e tuffarsi in acqua.

La spiaggia di Nungwi

Vale la pena passarvi una giornata per trascorrere ore e ore in acqua senza preoccuparsi che il mare si ritiri a causa della bassa marea. Inoltre a Nungwi è possibile fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga senza mai annoiarsi. Andando in direzione sud si può raggiungere la spiaggia di Kendwa, uno splendido arenile soffice e bianco come il latte lambito da splendide acque turchesi. E' il punto in cui si concentrano maggiormente i grandi villaggi vacanze, per lo più italiani, ma se volete potete fermarvi a fare il bagno dove volete, la spiaggia è enorme e c'è molto spazio. 
Se andate verso nord invece l'orizzonte inizierà ad essere punteggiato da piccole imbarcazioni di legno, i tipici dohw, che proprio qui a Nungwi vengono costruiti ogni giorno da mani esperte.

Proseguendo lungo la spiaggia si raggiunge il Nungwi Mnarani Aquarium, una laguna che ospita diverse tartarughe marine. Questo luogo nasce con l'intento di proteggere le tartarughe dai predatori, ripopolare la specie e curare gli animali feriti. Vengono inoltre monitorati gli esemplari appena nati nei loro primi mesi di vita e ogni anno a febbraio c'è il Relase Day, il giorno in cui i piccoli vengono liberati in mare. Se viaggiate con dei bambini vale la pena visitare questo centro, un appassionato volontario vi spiegherà tutto ciò che c'è da sapere riguardo la vita delle tartarughe (Ingresso 5$ a persona).

Inoltre a Nungwi è possibile ammirare uno spettacolare tramonto che ogni sera trasforma il cielo in un tetto dalle infinite sfumature di rosa, arancio, giallo e oro.


Snorkeling a Mnemba

Ovunque voi siate a Zanzibar verrete "tartassati" (passatemi il termine!) dai beach boys, i ragazzi che organizzano le escursioni in tutta l'isola. Lo snorkeling a Mnemba è una delle più gettonate, fattibile in mezza giornata da Nungwi, un po' di più se partite da un altro punto dell'isola. Salirete con un gruppo di altre persone (15-20 massimo) a bordo di un dohw che vi porterà al largo di questa piccola e paradisiaca isola circondata da una discreta barriera corallina. L'isola è di proprietà privata e per questo motivo non si può, sfortunatamente, arrivare alla spiaggia che è esclusivamente a disposizione dei facoltosi ospiti del resort super lusso nascosto tra gli alberi.
Si ha a disposizione un paio di ore per nuotare con i pesci colorati ed eventualmente (come abbiamo fatto noi!) per fare la gara di tuffi dal tetto della barca, dopodiché viene servito il pranzo che nel nostro caso consisteva in un grande tonno fatto cuocere alla griglia direttamente nel dohw, con zenzero, verdure fresche, riso e chapati (squisito pane tradizionale indiano simile ad una tortilla, comunemente preparato a Zanzibar).


Jozani Forest

Allontaniamoci per un attimo dalla costa per esplorare un angolo verde che fa da casa a centinaia di scimmie dall'aria impertinente che passano tutto il tempo a masticare bacche in cima agli alberi, osservando quello che accade intorno a loro o saltando agilmente da un ramo all'altro. Si tratta della Scimmia Rossa di Zanzibar, esemplare che esiste solo qui dal caratteristico pelo fulvo.
Per raggiungere la Jozani Forest prendete un taxi e fatevi portare all'ingresso dove troverete una guida che vi accompagnerà a fare un giro nella foresta spiegandovi le abitudini degli animali e raccontandovi curiosità sulla loro vita. E' meglio programmare la visita al mattino presto o nella seconda parte del pomeriggio, in questo modo si posso evitare gli orari di punta e avere più chances di vedere da vicino le scimmie (ingresso 10$ a persona).


 
Pranzare al ristorante The Rock

Questo è indubbiamente uno dei ristoranti più insoliti in cui sia mai stata. La particolarità del The Rock sta nel punto in cui è costruito: sopra una roccia in mezzo al mare. Come probabilmente sapete già, a Zanzibar è molto sviluppato il fenomeno delle maree, pertanto se una volta arrivati a Michamvi, la spiaggia antistante il ristorante, ci sarà la bassa marea potrete raggiungere la roccia a piedi, altrimenti ci sarà ad aspettarvi una piccola imbarcazione in legno che vi porterà all'ingresso. Il lato posteriore della roccia su cui è ubicato il ristorante nasconde una meravigliosa terrazza circondata dal mare in cui viene servito l'aperitivo. Il panorama è da favola. La qualità del cibo è eccellente e credetemi, farete davvero fatica ad andare via da lì.
Prezzi: 30-50$ a persona, prenotate con qualche giorno di anticipo.


Passeggiare nel mare con la bassa marea

Come vi dicevo, a Zanzibar è molto accentuato il fenomeno delle maree. Alcuni lo considerano una seccatura, data l'impossibilità di nuotare se non dopo aver camminato a lungo, mentre altri lo ritengono un fenomeno molto affascinante.
Anche se ho scelto di soggiornare a Nungwi, unica spiaggia che non risente di tale fenomeno, perché amo passare le ore in acqua e nuotare, credo che valga assolutamente la pena trascorrere una giornata ad esplorare i fondali emersi quando il mare si ritira, osservando stelle marine, piccoli pesci, granchi e piantagioni di alghe.
Una spiaggia ampia e molto bella, perfetta per osservare questo fenomeno è Matemwe, sul versante nord orientale dell'isola. Lì si trovano anche numerose piantagioni di alghe, che rappresentano la seconda fonte di guadagno dell'isola dopo il turismo. Potrete vedere le donne al lavoro che si occupano di raccoglierle ed osservare da vicino le piantagioni, messe in fila come piccoli vitigni immersi nell'acqua bassa del mare.


Stone Town 

La parte vecchia di Zanzibar Town, Stone Town, porta segni multietnici nella sua singolare architettura caratterizzata da elementi persiani, arabi, indiani ed europei. Nel labirinto di vicoli e stradine si possono ammirare edifici i cui elementi in legno, come i balconi e i grandi portoni, sono intagliati e decorati a regola d’arte. Purtroppo tale splendore necessiterebbe di un mirato intervento di ristrutturazione, poiché diversi edifici del centro risultano polverosi e fatiscenti. In ogni caso è piacevole passare qui una mezza giornata per curiosare nei vicoli e comprare qualche souvenir; c’è una bella atmosfera e sembrano tutti indaffarati e felici.

Sul lungomare si nota immediatamente l'Old Fort, il forte un tempo utilizzato come carcere e che oggi rappresenta un luogo di ritrovo per artisti e artigiani. Poco distante si trova il Palazzo delle Meraviglie, sontuoso edificio che ospita un museo sulla storia e la cultura locale. La costruzione e le porte intagliate al suo interno meritano da sole una visita. 

Perdersi nei vicoli di Stone Town è tuttavia il miglior modo per esplorare la città. Per curiosare tra vecchie botteghe artigiane nascoste tra i numerosi negozi di souvenir cercate Gizenga Street (qui ho adorato i sandali in cuoio fatti a mano di Surti & Sons).

Inoltre, come molti di voi già sapranno, a Zanzibar nasce nel 1946 Freddie Mercury ed è possibile vedere la casa in cui è vissuto nei primi anni di vita. Se ve lo state chiedendo, Mercury nasce a Zanzibar perché all'epoca il padre si dovette trasferire a Stone Town, un tempo colonia britannica, a causa del suo lavoro. L'edificio non ha nulla di particolare, c'è solo una targa con il suo nome, ma se siete anche solo un pochino suoi fan, è comunque una piccola emozione!


Prison Island

Dal tratto di mare di fronte al Palazzo delle Meraviglie partono piccole imbarcazioni che portano a Prison Island, isola famosa per ospitare una colonia di testuggini giganti portate qui dalle Seychelles. La riserva in cui vivono è sempre affollata di turisti ma le tartarughe sono molte e non farete fatica a trovarne una che mastica insalata tutta sola in modo che possiate accarezzare la sua pelle dura e rugosa. La più vecchia che si può trovare può avere ben 192 anni! L'isola dispone anche di una piccola spiaggetta ed è possibile fare il bagno prima di ritornare a bordo della barca che vi riporterà a Stone Town.



 

martedì 28 novembre 2017

PARTIRIPARTI - SINGAPORE

Oggi la vostra agenzia viaggi Partiriparti vi propone un piccolo itineriario di tre giorni per visitare la bellissima Singapore!



1° Giorno

Singapore Flyer

Singapore Flyer, è la più grande ruota panoramica al mondo (165 metri) ed offre una vista panoramica a 360° che spazia da Marina Bay fino alle isole della Malesia e dell’Indonesia. E’ il miglior punto di osservazione di Singapore.
Durante il giro, che dura circa 30 minuti, c’è la possibilità di sorseggiare un cocktail.  Si può anche prenotare il giro in una “capsula” privata ma non è di certo a buon mercato (circa 1000 dollari). Il biglietto per adulti costa circa 30 dollari.



Asian Civilisations Museum
 
Per cercare di comprendere le radici culturali della variegata popolazione dell’isola è necessario passare dall’ Asian Civilisations Museum. Attraverso delle mostre interattive si ha un idea di  quali sono stati i flussi migratori che hanno portato Singapore a diventare la città cosmopolita che è oggi.



The Courtyard, The Fullerton Hotel
 
In passato è stato un forte ed un ufficio postale, oggi, oltre ad essere un hotel veramente bello ed elegante, è un punto di riferimento per l’intera città.


Marina Bay
 
La zona del “Marina Bay” è nata dalla bonifica dei terreni intorno alla foce del fiume Singapore. Di solito si associa questa zona con il centro commerciale Marina Square ed il mega hotel Marina Bay Sands.
Merita assolutamente una visita lo SkyPark Marina Bay Sands che sfida la gravità, arroccato su una piattaforma che ricorda una tavola da surf al 57° piano delle torri del Marina Bay Sands Hotel. All’ultimo piano delle torri è possibile fare il bagno (solo se si soggiorna li) in una infinity pool con una vista spettacolare su tutta la città.


Esplanade Theatres on the Bay

Rappresenta l’omologo, a Singapore, della famosa Opera House di Sydney. La forma ricorda il durian, un frutto tropicale famoso per il suo odore nauseabondo e disgustoso ma che dicono essere un frutto buonissimo. Ospita concerti di musica classica, l’ Opera e balletti di danza.


Gardens by the Bay

Gardens by the Bay è un parco futuristico che si compone di tre giardini. E’ caratterizzato da giganteschi alberi artificiali che vengono illuminati al calar della sera. L’ingresso è libero ma vi consiglio di andarci di sera.

2° Giorno

Chinatown
 
Per avere un idea della presenza della cultura cinese a Singapore, Chinatown è il punto di partenza ideale. Qui, potrete alternare visite a musei, shopping, o assaggiare qualche specialità cinese in uno dei mille ristorantini sparsi per il quartiere.


Sri Mariamman Temple
 
E’ il più antico tempio indù di Singapore ed anche uno dei più popolari grazie alla vicinanza a Chinatown. L’ingresso è gratuito, anche se una donazione è sempre gradita. Toglietevi le scarpe ed entrate in punta di piedi, rimarrete colpiti dalla stranezza di questo “tempio”.


Buddha Tooth Relic Temple
 
Nella parte sud di South Bridge Road ci si imbatte prima in decine di negozi di erboristeria e farmacie tradizionali cinesi che promettono di curarvi con ingredienti improbabili, tra cui cavallucci marini essiccati e pelle di serpente. Poco dopo si incontra il Tempio del Buddha “Tooth Relic”, relativamente recente, è stato completato infatti solo nel 2007. Meritano una visita i giardini e la campana all’ultimo piano.
 

Night Safari
 
Appena scende la sera arriva il momento ideale per osservare da vicino il comportamento di alcune specie di animali. Il Night Safari, primo parco notturno di questo tipo, attraversa virtualmente 7 regioni geografiche.

3° Giorno

Little India
 
Una vera esperienza per tutti i cinque sensi. Il quartiere inizia presso il Centro Tekka, un mercato in cui è possibile trovare ogni specialità indiana e non solo; lungo Serangoon Road si alternano negozi di tecnologia, di generi alimentari, ristoranti, gioiellerie, case da tè e sartorie.  Il periodo migliore per visitare Little India è tra ottobre e novembre, periodo in cui si tiene “Deepavali”, la festa indù della luce.
Se vi spingete fino alla fine di Little India una strada sulla destra (Syed Alwi Road) vi porterà all’ingresso del Mustafa Centre. Questo strano centro commerciale è aperto 24 ore al giorno e vende roba a basso costo di fianco all’ultimo modello di smartphone o tablet, il tutto in un ambiente polveroso e super affollato. Una volta entrati vi sembrerà di essere in un film.
All’interno ci sono ovviamente ristoranti di ogni tipo ed addirittura un hotel. Ci hanno detto ed abbiamo verificato che i migliori acquisti sono quelli di elettronica,  i prezzi sono estremamente competitivi.

Arab Street
 
Se vi piace contrattare. questa è la vostra zona. Ci sono decine di negozi che vendono di tutto: dai negozi storici che vendono tessuti e profumi ai tipici ristoranti mussulmani ad alcuni ristoranti occidentali che si sono insediati nella zona, creando una miscela di culture, tipica di Singapore. Merita sicuramente una visita la più grande moschea della città, la Moschea del Sultano, una pietra miliare nella Glam Malay Heritage District Kampong.

Orchard Road
 
Orchad Road può essere considerata la Fifth Avenue di Singapore. E’ un viale alberato, lungo più di 2 km fiancheggiato da decine e decine di centri commerciali, negozi ed hotel. Se si sommassero le dimensioni di tutti i negozi su questa strada si arriverebbe a coprire un area di quasi 800.000 mq.
Vi si trova di tutto, dalle grandi firme italiane e francesi, a negozi più a buon mercato fino a mega centri commerciali interamente dedicati alla tecnologia.


 

mercoledì 22 novembre 2017

PARTIRIPARTI - IDEE PER IL PONTE DELL'IMMACOLATA

Idee per il Ponte dell'Immacolata 2017: ecco Dove Andare in Italia

Dove posso andare per il ponte dell'immacolata? Scopri le nostre idee week end in Italia. Un soggiorno benessere alle terme, un tour in camper dei mercatini natalizi o un weekend sulla neve in montagna: soluzioni ideali per coppie, gruppi e famiglie con bambini

Ogni volta che un giorno festivo cade di lunedì o martedì, studenti, dipendenti pubblici ed impiegati d'ufficio fanno i salti di gioia.
Quando arriva il classico "ponte", nelle scuole italiane si assiste a scene di magnifica euforia collettiva: alunni che urlano dalla gioia, insegnanti che abbracciano i bidelli, e presidi scolastici che girano per i corridoi col sorriso stampato in volto...
Con le dovute proporzioni, anche negli altri luoghi di lavoro la situazione non è poi così diversa.
Tra tutti i ponti, uno viene particolarmente apprezzato: il Ponte dell'Immacolata, piacevolissimo "anticipo" delle vacanze natalizie.
E per noi ossessionati dai viaggi, il ponte è una succulenta opportunità per organizzare una magnifica vacanza-lampo.
Ma la domanda è: dove andare?
Un week-end in una capitale Europea è un'idea che affascina, ma considerando il poco tempo a disposizione forse sarebbe meglio concentrarsi sulle perle del territorio, destinazioni a Km 0 o quasi...
Ecco i nostri suggerimenti, le idee più stimolanti per trascorrere un week-end all'insegna del relax e del divertimento. Un soggiorno benessere alle terme, un tour dei mercatini natalizi più belli, o ancora una sessione full-immersion di sci in Trentino: ecco le soluzioni adatte a coppie, gruppi di amici e famiglie con bambini.

Week end benessere tra terme e Spa

Un soggiorno benessere, per ovvie ragioni, è la soluzione più adatta alle coppie.
Immaginate di godervi un massaggio in totale relax in un'atmosfera da sogno, tra luci soffuse e profumo d'incenso: un vero nido d'amore...
In Italia ci sono alcune delle SPA più belle del mondo, strutture incredibili che possono offrirvi servizi esclusivi.

Ve ne proponiamo tre, una per ogni macroregione geografica italiana:
  1. Boscolo Hotel di Milano, Italia Settentrionale
  2. Prince Spa di Roma, Italia Centrale
  3. Verdura Golf & Spa Resort di Sciacca, Italia Meridionale
Queste sono solamente tre delle tante strutture interessanti sparse nella penisola. Praticamente ad un passo da casa vostra potete trascorrere un fine settimana indimenticabile.

Sulla Neve in Montagna...

Soprattutto nelle regioni del Nord Italia, il ponte dell'immacolata sulla neve è un grande classico.
Livigno e la Valtellina, Cortina d'Ampezzo e le Dolomiti sono la destinazioni più apprezzate per questo genere di vacanze, ma se non prenotate con largo anticipo rischiate di dover impegnare uno dei vostri reni per finanziare il week-end.
Piuttosto meglio optare per luoghi leggermente meno noti.
Noi vi consigliamo Asiago nelle Prealpi vicentine, San Romano in Garfagnana o ancora Linguaglossa sul monte Etna, in Sicilia.
Vi chiederete: sul serio, vale la pena andare in Sicilia in inverno?
La risposta è assolutamente si. Certo non aspettatevi rifugi estremamente funzionali e all'avanguardia come quelli del Tirolo, ma se volete risparmiare non sottovalutate affatto questa soluzione!
Nel centro Italia invece consigliamo l'Abruzzo: in questa regione sono ben 21 le stazioni in cui praticare sci e snowboard.

Tour in camper: alla scoperta di processioni religiose, mercatini di natale ed altre tradizioni

Tempo permettendo, questa è a nostro avviso la soluzione più affascinante. Immaginate di trascorrere un week-end "on the road" in camper, con gli amici o la famiglia, alla scoperta delle antiche tradizioni del nostro paese... L'Immacolata Concezione è una festa religiosa, in occasione della quale è possibile assistere ad interessantissime processioni come come la Festa di Maria Santissima Immacolata a Palmi (Reggio Calabria). Vi aspettano sagre ed eventi gastronomici sia nelle grandi città del paese, sia nei piccoli borghi; come il Chocolate Run in Emilia o la Fiera del Tartufo di Isernia.
E non finisce qui: Dicembre è anche il mese dei mercatini di Natale, un'altra ottima ragione per immergersi in un'atmosfera di grande cultura popolare.

 

 

lunedì 20 novembre 2017

PARTIRIPARTI - LUCERNA

Lucerna: dolce vita sul lago

Il centro elegante e gli hotel di design, i tesori della Collezione Rosengart e la nightlife, le terrazze dei caffè e le sontuose spa, i maestri cioccolatieri e i grandi nomi della musica classica al Lucerne Festival. Alla scoperta di una delle più belle città della Confederazione

 

“Quella sono io”, dice Angela Rosengart, 81 elegantissimi anni, nell’indicare il ritratto a matita di una timida giovinetta poco più che ventenne. L’autore? Un grande amico del padre, Pablo Picasso. Capita anche questo a Lucerna. Andare a visitare un museo e trovare a spiegarlo chi sembra essersi appena materializzato dal quadro che hai davanti. Una sorpresa che, nelle sale della Collezione Rosengart (Pilatusstrasse 10), la signora riserva spesso ai visitatori della sua straordinaria raccolta di classici moderni, da Claude Monet a Marc Chagall, forte, tra gli altri, di ben 132 Picasso e 125 Paul Klee. Un tesoro messo insieme in lunghi anni di lavoro da lei e dal padre Siegfried, mercante d’arte tra i più influenti del Novecento. Nel 2002 Angela stacca i suoi ricordi dalle pareti di casa, coperte di capolavori dal pavimento al soffitto, li porta nel grande edificio neoclassico già sede della Banca Nazionale Svizzera e li apre al pubblico. Un ulteriore fiore all’occhiello di questa città dalla cornice naturale mozzafiato, che molti considerano la più bella di tutta la Confederazione.

Una passeggiata lungo gli 850 metri di ciò che resta del Museggmauer, fortificazione medievale intervallata da nove formidabili torri, lo conferma. Con scorci da cartolina sul Lago di Lucerna, sulla spettacolare cortina di vette alpine sovrastate dal massiccio del Pilatus (2132 m), sul fiume Reuss, attraversato da romantici ponti di legno (oltre i quali funzionano le cosiddette “chiuse ad ago” che, abbassate o alzate manualmente, regolano il livello delle acque), sul centro storico tutto pedonale, con il suo armonioso contrappunto di raccolte piazzette medievali, eleganti palazzi dalle facciate dipinte o graffite e finestre a sporto, fontane barocche, stradine listate di botteghe, locande e osterie dalle insegne in ferro battuto. Una città museo? Tutt’altro. A dare un tocco di allegria mediterranea a questa perfetta scenografia mitteleuropea ci pensano i mercati di alimentari, fiori, artigianato che, nel corso della settimana, si alternano negli angoli più suggestivi, e poi l’ininterrotta teoria delle animate terrazze di caffè e ristoranti affacciate sulla Reuss. Tra le più frequentate, quelle di Pfistern , indirizzo storico, attivo dal 1578, che in inverno serve la rinomata fondue in ben 100 varianti e, tutto l’anno, specialità tipicamente lucernesi come il Lozärner Fritschi-Paschtete, pasticcio di carne di manzo e di maiale con funghi, mele, uvetta e verdure di stagione ; la terrazza del Des Alpes che, accanto a cordon-bleu da antologia, offre anch’esso rustiche squisitezze cantonali quali il Lozärner Märitbrättli, insalata di speck e salsiccia affumicata con formaggio d’alpeggio ; e quella del Balances che, con i suoi 14 punti Gault&Millau, coniuga ricerca gastronomica, atmosfere storiche e arredi di design per una clientela di tendenza (Weinmarkt 5, tel. 0041.414182828. Orari: 7-0.30, mai chiuso. Consigliata la prenotazione. ).

Dalle terrazze sulla Reuss, seduti a sorseggiare un cocktail a base di Kirsch , l’acquavite di ciliegie emblema della regione e pretesto per un vero e proprio itinerario tra distillerie e paesaggi campestri, si ha l’illusione di toccare il famoso Kapellbrücke, simbolo di Lucerna dal XIV secolo e più antico ponte in legno coperto d’Europa. Con la sua caratteristica Wasserturm, torre ottagonale che ebbe di volta in volta funzione di faro, prigione, tesoreria, scavalca il fiume in diagonale e sembra quasi finire in bocca all’imponente chiesa barocca dei Gesuiti, inondata di luce e stucchi rosa, nonché custode di un monumentale organo storico. Le sue torri gemelle dalle cupole a bulbo dominano la sponda sinistra del fiume, invasa ogni sabato, da maggio fino a ottobre, da un affollato mercatino delle pulci. Guarda invece verso il lago l’avveniristica struttura in vetro e acciaio del KKL Luzern (Kultur-und Kongresszentrum, Europaplatz 1), gioiello dell’archistar Jean Nouvel, voluto per ospitare la collezione d’arte svizzera del Kunstmuseum e, soprattutto, una sala da concerti dall’acustica perfetta, tra le migliori al mondo, sede ufficiale del Lucerne Festival che, dal 1938, ha fatto di Lucerna una delle capitali mondiali della musica classica. Tre gli appuntamenti annuali: a Pasqua con il repertorio sacro, in estate con la tradizione sinfonica, in autunno con quella pianistica, quando i virtuosi della tastiera trasformano la città in un palco a cielo aperto, grazie anche ai concerti del Piano Off-Stage nelle lounge di club e grand hotel. Ma, nei giorni del festival, qui tutto vibra a suon di musica. Anche il palato. La storica pasticceria Bachmann seduce occhi e papille con una produzione squisitamente artigianale di cioccolatini a forma di strumenti musicali. E nel suo atelier sul lungolago alberato, anche Max Chocolatier (Schweizerhofquai 2), maestro di alta cioccolateria, propone creazioni da grandi occasioni. Una per tutte? I cioccolatini fregiati della chiave di violino, con un wafer croccante che fa da supporto a una squisita ganache di Rio Huimbi e Madagascar.

Quest’anno il Lucerne Festival si intreccia alle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Richard Wagner, il compositore tedesco che dal 1866 al 1872 scelse di vivere proprio qui, in una tranquilla villa in riva al lago nel sobborgo di Triebschen. Oggi la villa accoglie il Richard Wagner Museum (Richard Wagner Weg 27), ricco di partiture originali, strumenti, memorie e oggetti personali del compositore. Come il suo pianoforte a coda Erard, ancora utilizzato in occasione di eventi speciali. Da qui, il Percorso Wagner si snoda nei luoghi legati alla sua biografia, come la Chiesa protestante di San Matteo, in stile neogotico, dove il 25 agosto 1870 si celebrò il matrimonio con l’amatissima Cosima, e lo storico Hotel Schweizerhof Luzern , concentrato di lussi belle époque vista lago (Schweizerhofquai 3, tel. 0041.414100410), dove Wagner scrisse il terzo atto del Tristano e Isotta. Nell’albo d’oro dello Schweizerhof, fitto di artisti e teste coronate, anche Lev Tolstoj e Mark Twain. Se lo scrittore russo autore di Guerra e pace e Anna Karenina rimane stregato dalla bellezza del luogo, l’americano viene colpito da un singolo monumento, quello del Löwendenkmal, il Leone di Lucerna: “Il più triste e commovente pezzo di pietra del mondo”, scrive, opera dello scultore danese Bertel Thorvaldsen, maestro del Neoclassicismo. Raffigura un leone morente, trafitto da una lancia, in memoria del sacrificio delle guardie svizzere di Luigi XIV che, nella Parigi del 1792, difesero il Palazzo delle Tuileries preso d’assalto dalle truppe della Rivoluzione. Il Leone si trova fuori dai bastioni, in uno slargo defilato dove si apre anche l’ingresso del Gletschergarten, il Giardino dei Ghiacciai (Denkmalstrasse 4), curiosità geologica costituita da una trentina di marmitte glaciali formate dall’erosione del ghiacciaio della Reuss. A pochi passi da qui, un’altra attrazione da non perdere: l’impressionante Bourbaki Panorama (Löwenplatz 11), dipinto circolare di 110 metri di lunghezza per 10 di altezza, realizzato da édouard Castres tra il 1880 e il 1914. Ritrae la marcia attraverso la Svizzera dell’esercito francese sotto la guida del generale Bourbaki durante la guerra franco-prussiana del 1870-71. Sulla stessa piazza, non può sfuggire un piccolo chalet con la facciata a graticcio, i vetri a piombo e un’antica insegna con la croce svizzera bianca in campo rosso. è l’ Old Swiss House , il ristorante più elegante e d’atmosfera di tutta la città (Löwenplatz 4, tel. 0041.414106171): vecchie boiserie, opere d’arte e pezzi d’antiquariato come le stube in maiolica multicolore fanno da cornice a un’eccellente cucina della tradizione (la guida Gault&Millau ha definito le sue salsicce “una leggenda”), accompagnata da una carta di vini da veri amatori. Un esempio? La collezione completa di Château Mouton Rothschild per le annate dal 1911 a oggi. Insomma, una piccola follia che vale la spesa.

Ma Lucerna non è solo rösti e fondue, rispetto del passato e culto della tradizione. La contemporaneità ha fatto irruzione con gli interventi dei più celebrati architetti del pianeta. Il primo, negli anni Ottanta, è stato Santiago Calatrava con il progetto dell’ingresso della stazione ferroviaria, in sostituzione di quella ottocentesca polverizzata da un incendio. Poi è arrivato Jean Nouvel che, oltre al KKL, ha firmato The Hotel , l’albergo prediletto da modaioli e cinefili per le sue stanze ispirate ai classici del grande schermo, da Casanova di Federico Fellini a Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, fino a Le relazioni pericolose di Stephen Frears (Sempacherstrasse 14, tel. 0041.412268686). Infine, sulle sponde del lago, è approdata l’accoppiata basilese Herzog & de Meuron per il suo primo progetto alberghiero, l’ampliamento dell’ hotel Astoria (Pilatusstrasse 29, tel. 0041.412268888) con la costruzione di una torre in vetro di otto piani che ospita 3 ristoranti tra i più trendy del momento: La Cucina , a vocazione tutta italiana ; Mekong , d’ispirazione orientale ; Thai Garden , 15 punti Gault&Millau, tra i migliori indirizzi di asian food dell’intera Svizzera . Il roof garden è invece occupato dal Penthouse Bar , luogo deputato di tutti i nottambuli (ven. e sab. aperto fino alle 3.30), che offre cocktail dal valore aggiunto: una vista impareggiabile sullo skyline della città. Chi ama le ore piccole si segni anche la Jazzkantine zum Graben (Grabenstrasse 8), frequentata da studenti di musica, artisti e intellettuali per l’atmosfera da club e il calendario di concerti di qualità, jazz e non solo; il Louis Bar dell’Art Déco Hotel Montana (Adligenswilerstrasse 22, tel. 0041.414190000.) famoso per le jam session e la carta dei whisky, ricca di oltre 130 etichette di puro malto scozzese; il Blue del Renaissance Hotel Luzern (Pilatusstrasse 15), amato dai più giovani per il design ultramoderno che fonde in un mix di grande effetto la linearità dell’estetica cino-giapponese con le esplosioni scenografiche del gusto neobarocco.

LA RIVIERA DEL BENESSERE: un idromassaggio tra petali di rosa e candele in vasca duplex, con vista da batticuore sulle Alpi che si specchiano nel Lago di Lucerna. Dal bow window della Palace Spa, all’interno dell’Hotel Palace di Lucerna, il panorama è da cartolina. E basta, già da solo, a predisporre l’animo a quella serenità languida e diffusa che regala al relax il massimo grado di beneficio. La Palace Spa è una tra le tante strutture di fascino e avanguardia che, negli ultimi anni, hanno trasformato la città e la cosiddetta Riviera di Lucerna, la regione Weggis-Vitznau-Rigi, in un autentico paradiso del benessere (certificato da un marchio di qualità). Complici un’efficienza tutta svizzera, il clima mediterraneo e una straordinaria cornice naturale, programmi beauty, antiage e di remise en forme hanno trovato qui il loro luogo deputato, con protocolli che integrano i classici della tradizione orientale alle più aggiornate terapie estetico-curative occidentali. Pacchetti full day anche solo per un’intera giornata di coccole.

venerdì 17 novembre 2017

PARTIRIPARTI - INDONESIA

Indonesia magica, a Flores e Sumba

Due isole a un'ora da Bali. Un mondo esotico, fatto di spiagge infinite, ecoresort, villaggi ancestrali, dove si venerano le forze della natura, sacra e magica

 

“Quando sarà il momento, sentirete qualcosa dentro. È una sensazione molto strana, fra poco capirete”, avverte Marcelo Toa, la guida che accompagna alla scoperta dell’isola di Flores e del suo padrone assoluto: il vulcano Kelimutu. Questa è una delle terre emerse nell’arcipelago della Sonda, a un’ora di volo da Bali, grande cuore di quel vastissimo mondo d’acque che è l’Indonesia.

La vetta del vulcano si raggiunge a piedi, senza fatica. Sul sentiero, sagome brune di scimmie curiose. E strane luci oscillanti. Secondo la tradizione locale sono presenze ultraterrene, spiriti dei defunti, anime sprofondate nel cratere. Qui tutto, nascita, morte, disgrazia, felicità, è dominato da poteri soprannaturali che sfidano l’uomo. Gli unici a dialogare con l’aldilà? I guaritori, interpellati per ogni cosa. Animismo e credenze ancestrali si sono fuse con la religione cattolica, professata dalla maggioranze della popolazione.
Sulla cima del vulcano l’aria si riempie di zolfo. E in bocca la saliva si fa stranamente amara. La vista è spettacolare e lo sguardo spazia sul cuore sacro della montagna: tre crateri si schiudono con altrettanti laghi. Due appaiati, l’altro più discosto, dal colore plumbeo e dall’aspetto minaccioso, racchiuso da pareti ripide. È il Tiwu Ata Bupu, il lago dei vecchi, che, secondo la credenza, si sono rifugiati qui dopo la morte. Anche gli altri due vantano nomi esoterici: Tiwu Ko’o Fai Nuwa Muri, il lago dei giovani e delle fanciulle, e Tiwu Ata Polo, il lago delle streghe. Ce n’è abbastanza per mettere in scena un teatro del mistero. Che trova una corrispondenza anche nei fenomeni geofisici: il colore delle acque cambia a seconda dei minerali portati a galla dal cratere. Così, appena la luce lo illumina, il Tiwu Ko’o Fai Nuwa Muri appare turchese. Poi, con il sole più alto, diventa verde, quasi smeraldo, per assumere sfumature rosse al tramonto. Non si fatica a credere che il vulcano, per i locali, sia sacro. L’escursione che si può fare è magica. La discesa termina tra le risaie, dove uomini e donne trapiantano le piantine sugli infiniti campi terrazzati. Qui, immerso nel verde, si trova il Kelimutu Crater Lakes Ecolodge, una manciata di bungalow costruiti secondo criteri ecosostenibili.

FLORES: VULCANI, FORESTE E CAFFÈ

Altri 13 vulcani costituiscono la spina dorsale di Flores. Tutt’intorno si addensa una foresta fitta, che si sfrangia sull’oceano aprendosi in spiagge deserte, dove perdersi tra tuffi e bagni di sole. Attraversando l’isola, da est a ovest, si incontrano invece villaggi dai ritmi antichi, un mondo a parte, lontano dalla modernità, che è vissuto all’ombra dei vulcani. Come Bena, dove la tribù Ngada abita in capanne disposte in doppia fila, sotto gli occhi vigili del cono perfetto dell’Inerie. Nel mezzo, si gioca una partita immobile: Bhaga contro Ngadhu, donne contro uomini. Le Bhaga sono capanne in miniatura usate per le offerte alle antenate di sesso femminile, mentre i Ngada sono grandi ombrelli di foglie di palma antropomorfe, che rappresentano la fierezza e la forza degli antenati maschi. Tra le due squadre, quasi a frapporsi tra i contendenti, si elevano grandi pietre acuminate raccolte a mazzo. Monoliti simili a tanti menhir, comunicano con il regno degli antenati. È qui che si versa il sangue degli animali, perché le anime dei morti e le divinità si venerano sacrificando bufali, maiali, galline. Corna di bufalo o mascelle di maiale sono appese, bene in vista, accanto alle capanne. Come tanti primitivi ex voto, testimoniano lo sforzo che l’uomo fa per ingraziarsi la buona sorte e la benevolenza delle forze dell’aldilà.

Un sentiero stretto nella giungla porta al villaggio Wae Rebo, abitato dal popolo Manggarai. Qui la vegetazione è un museo vivente della biodiversità, che si attraversa fino alla scoperta di una valle tappezzata di piantagioni di caffè, anacardi e cassava (manioca). Ci si annuncia percuotendo un tamburo e si sbuca su un vasto prato verde sul quale si ergono, disposte in cerchio, imponenti capanne coniche. Vale la pena di entrare in quella cerimoniale, la più alta e autorevole del villaggio: è lo spazio comune di otto famiglie discendenti da un unico antenato; la forma a cono rappresenta l’unità del clan. A dare il benvenuto, un anziano seduto per terra a gambe incrociate. Appesi al soffitto, sono gelosamente conservati i sacri tamburi di famiglia e un’infinità di gong, usati durante i riti per comunicare con il mondo dei morti. Per queste genti, infatti, lo strumento musicale è il medium tra i due opposti, tra cielo e terra. Alle sei cala il sole: alcune donne tolgono con un setaccio la pula dal riso, altre riducono in polvere il caffè con un pestello, mentre il cielo diventa sempre più blu e le stelle iniziano a brillare. Senza luci artificiali, sembra di esserne travolti.

SUMBA: COLLINE E SPIAGGE DESERTE

Le isole di Flores e Sumba si guardano da vicino. A separarle, un braccio di mare e poco più di mezz’ora di volo. Flores, montuosa e ricoperta di vegetazione, è stata disegnata dall’orografia vulcanica. A Sumba, invece, dominano le colline, che concedono meravigliose viste sulle coste e sulle spiagge interamente deserte.
Alla sua estremità occidentale si sono conservati villaggi dalle tradizionali capanne altissime, le più curiose dell’arcipelago delle Piccole Isole della Sonda. Sono coni a pianta quadrata che sfidano il cielo con la loro punta aguzza. Il posto giusto per il soggiorno sull’isola è il Sumba Nautil Resort: sette cottage in stile tradizionale, opera di artigiani locali, sulla cima di una collina con una grandiosa vista sul mare. Il resort è anche il luogo ideale per una pausa di relax sulla sua spiaggia bianchissima. Oltre a fare il bagno ci si può cimentare con snorkeling, immersioni, surf, game fishing, trekking o escursioni a cavallo, nella foresta e lungo la costa. Un’esperienza da non perdere, questa, perché l’isola ne vanta una razza speciale, i sumba pony: più piccoli, sono uno status symbol, che gli uomini esibiscono in pubblico con molta fierezza. E vengono cavalcati a pelo, senza sella.

IL MITO DI MARAPU E LE ANIME DEGLI ANTENATI

Dal resort si parte alla scoperta dei villaggi tradizionali. Come Ratengaro, dalle capanne di bambù che sembrano torri di un villaggio medievale, e con un fiume lento che lambisce l’alta costa calcarea dalla quale si domina il mare aperto. Oppure come Wainyapu, altra selva di costuzioni a punta. “Per le tribù di Sumba tutto ruota attorno alla mitologia Marapu”, spiega la guida. “Dopo la vita terrena esiste un mondo soprannaturale eterno, popolato dalle anime degli antenati e dalle divinità. Una sorta di paradiso immanente, che ha una stretta connessione con la vita di ogni giorno”. Così nel cortile centrale del villaggio di Praiji troneggia l’altare sacrificale, un monolite scolpito con motivi antropomorfi legati alla tradizione Marapu. Agli stranieri è vietato avvicinarsi troppo. Anche qui, a ridosso delle capanne, sono state erette imponenti tombe di pietra che omaggiano i defunti. I funerali sono sempre sfarzosi: è un rito propiziatorio nei confronti del morto, il cui spirito aleggia perennemente sulla vita del villaggio.
Sodan invece si raggiunge con una breve camminata. È un nido d’aquila. Ai suoi piedi si spalanca la pianura definita dagli infiniti terrazzi verdeggianti delle risaie. Come altri villaggi, è arroccato in cima a un ripido colle. Lo scopo? Difendersi. Le guerre tra le tribù erano frequenti. E, a dimostrazione di potere e forza, i teschi dei nemici vinti venivano appesi a un palo piantanto al centro del villaggio.
Piter Rehy mostra con orgoglio un vasto spiazzo erboso dove tutti gli anni, a inizio febbraio, si celebra il Festival Pasola, un surrogato della guerra tribale, una battaglia metaforica: “Abbiamo bisogno di sangue per fertilizzare la terra, per propiziare il raccolto del riso, così dice la tradizione”, spiega mentre descrive lo scontro tra le diverse squadre di cavalieri. La partita è cruenta, non c’è nulla di finto. Si gioca sfidando gli avversari a colpi di lancia. L’abilità sta nella destrezza del lancio, ma anche nella capacità di montare a cavallo. Vince chi riesce a colpire il nemico. Ma è poi l’avversario ferito che versa il suo sangue, a favorire la fertilità dei campi: così vuole la mitologia Marapu. È un rito crudele: si svolge sotto gli occhi degli antenati che, come tante altre divinità, se ne stanno a guardare dal cielo le stravaganze e i vani cerimoniali degli umani.

mercoledì 15 novembre 2017

PARTIRIPARTI - TOUR IN THAILANDIA DEL NORD

Tour in Thailandia del nord: da Sukhothai alle rive del Mekong

Tra Sukhothai, l'antica capitale del Siam, e il grande fiume Mekong c'è un paradiso verde dove regnano il bello e la spiritualità. Un Paese da scoprire oltre le spiagge, seguendo un itinerario on the road fra piantagioni di tè, resort sostenibili e templi sorprendenti

 

Un sole enorme sorge nella luce rosata e umida che ingoia la notte sopra Sukhothai, Thailandia del nord. Il mattino presto è perfetto per scoprire pedalando i suoi viali alberati abbracciati da una pace sovrannaturale. È l’ora in cui il monaco Chai Wat Katasaro si incammina scalzo verso il Wat Mahathat, il tempio del Buddha Dorato, avvolto nella sua tonaca zafferano. Fra gli stupa – monumenti reliquiari buddhisti disegnati come boccioli di loto, simbolo del Nirvana – lo accompagna Sociang, il suo novizio quattordicenne, anche lui a piedi nudi. Nell’aria già calda, gli aromi di gelsomino si fondono con una nenia, interrotta per un attimo dalle notizie del giorno dalla radio di un’auto sulla statale. È tempo di preghiera nella città adagiata nella valle del fiume Yom. Ed è un momento chiave di questo itinerario tra le varie anime della spiritualità thai. Un viaggio pensato nello spirito e nelle modalità del turismo etico, quello che rispetta l’habitat e l’economia locali, ed entra davvero in contatto con la cultura e l’essenza del luogo che si esplora.

THAILANDIA DEL NORD: COSA VEDERE A SUKHOTHAI

Sukhothai, capitale del primo grande regno del Siam, l’antica Thailandia, vide il massimo splendore tra il XII e il XIV secolo dopo Cristo, finché, nel 1378, le armate della città di Ayutthaya non la invasero, riducendola a stato vassallo. Il suo nome significa l’“Alba della Felicità”. E nel suo Parco Storico, Patrimonio dell’Umanità Unesco, si assapora tutta l’emozione dell’antica spiritualità buddhista. Il complesso racchiude 21 siti archeologici e quattro stagni. In essi si specchiano i colori della festa di Loy Krathong, il plenilunio del dodicesimo mese del calendario lunare thai, quando luminarie e sfilate scorrono lungo le rive, mentre coppette di foglie intrecciate galleggiano sull’acqua. O le luci del Light Show che, nel mese di dicembre, ogni sera accende di colori psichedelici templi e statue. Il Wat Sa Sri, al centro di un lago sparso di ninfee, ospita un Buddha di stucco seduto. Il Wat Sri Sawai è invece un tempio khmer, nato come omaggio al dio indù Shiva, poi convertito in santuario buddista. Anche il Wat Trapang Thong svetta su un’isola, al centro di uno stagno, ed esibisce un chedi a campana. Conosciuto in sanscrito come stupa – e in Tibet come chorten – il chedi thailandese è un monumento all’Illuminazione, scrigno di reliquie. In quello nel mondop (santuario quadrangolare con tetto piramidale) di questo tempio, per esempio, si venera un’impronta del Buddha.
Su un altro laghetto sorge ancora il Wat Trapang Ngon, complesso del XII secolo il cui chedi è decorato con nicchie e statue dell’Illuminato. Lo stile delle sculture di Sukhothai è considerato, per la sua epoca, molto innovativo; le sue rappresentazioni del Buddha esprimono eleganza e composta rilassatezza delle membra. Segni del raggiungimento del Nirvana, la liberazione dal desiderio e dal dolore. Intanto arrivano i bus turistici: il parco diventa territorio degli assatanati di selfie. I mattinieri, invece, possono adesso pedalare verso l’area dove si concentrano le fabbriche di ceramiche (per i bike tour, si consiglia l’operatore locale Spice Roads). Nelle sue interpretazioni più alte lo stile classico di Sukhothai, con smaltatura opaca, è il più ricercato del Paese. Nel laboratorio di Suthep Sagalok si sta tenendo un workshop e l’insegnante invita gli allievi a replicare sui vasetti il pesce ornato da complessi ghirigori appena disegnato alla lavagna.

THAILANDIA DEL NORD: TAPPA A NATONCHAN

In un’ora d’auto verso nord si arriva a Natonchan, piccolo grande modello di turismo sostenibile. Qui l’intera comunità è attenta alla conservazione dell’ambiente, della cultura tradizionale e alla redistribuzione equa dei ricavi. La star del villaggio è Nonna Thiang, cuoca che preserva la vera ricetta del kao perb, gloriosa specialità della zona. Bastano 25 bath, meno di un euro, per assaggiare nel giardino di casa sua, sempre affollato di locali, questa piadina di pasta di riso.
Da qui, su un camioncino, si può partire per una visita dei dintorni, su mulattiere di campagna illuminate dal sole cocente, tra scampoli di vita quotidiana: su una veranda, con gesti veloci, i piedi dell’anziana Orotai azionano i pedali, le mani spostano il pettine di un telaio. Ne nascono stoffe nello stile tradizionale Lao Khid, tipico del nord, a motivi geometrici o ispirati ad animali rossi, viola e verde scuro. E nel Centro Artigianale tre donne ridono mentre stirano le pa mack chon, stoffe di cotone che vengono buttate nelle risaie allagate per farle diventare morbide. Tutti naturali i colori: foglie di mango per il verde chiaro, di tonchan per una sfumatura più scura, frutti del mangostino per il viola e di makrua, piccole bacche dell’ebano tailandese, per il nero. Quest’ultimo è richiestissimo in questo lungo periodo di lutto nazionale per la morte di Bhumibol Adulyadej, Re Rama IX, spirato il 13 ottobre 2016 a 88 anni. Sul trono thailandese per sette decenni, è stato un sovrano amatissimo: a lui sono dedicati, come a una divinità, innumerevoli altarini pieni di offerte, fiori e foto del sovrano. Il lutto è durato fino alla cremazione, il 26 ottobre 2017, a Bangkok. L’erede è Maha Vajiralongkorn, a capo del Paese da dicembre.
Tornati in città, è piacevole farsi coccolare al Sriwilai Sukhothai, resort di charme fra il parco storico e il moderno centro. La materia prima per il ristorante, così come i mobili, i tessuti e le ceramiche, sono di produzione locale, così come locali sono i membri dello staff. E i musicisti e danzatori che si esibiscono negli eventi ospitati dal resort.

THAILANDIA DEL NORD: COSA VEDERE A CHIANG MAI

Si arriva a Chiang Mai sotto il cielo latteo di una giornata afosa. La Rosa del Nord, antica capitale del Regno Lanna, è famosa per i templi e i tour nella foresta, e negli ultimi anni è diventata un’enclave di artisti e creativi, ricca di boutique hotel, Spa, gallerie e corsi di cucina. Il “Regno di un milione di risaie” fiorì fra il XII e il XVIII secolo, con un suo dialetto, una sua architettura, un suo sistema di scrittura. Professava un credo animistico a aveva struttura tribale. Il suo apice fu sotto re Tilokkarat, quando entrò in conflitto col regno di Ayutthaya. Dal 1552 finì per due secoli sotto il dominio birmano; nel 1933 divenne una provincia del Regno del Siam. Del resto, soltanto dalla Seconda guerra mondiale in poi si può parlare di una cultura thai omogenea, e tuttora sono milioni i kun meuang (gente del nord) che si riconoscono nell’identità Lanna.
Il pulmino protagonista di questo itinerario arranca ora sul monte Doi Suthep, pochi chilometri fuori Chiang Mai. In cima vi sorge il Wat Phra That Doi Suthep, tra i templi più sacri della Thailandia. Insieme a un fiume di pellegrini, bisogna passare tra due colossali Naga (divinità-cobra) decorati con tessere a mosaico, prima di salire la scala per il monastero, costruito nel 1383 da re Keu Naone in un magnifico stile Lanna, per custodire un osso del Buddha. La leggenda narra che la reliquia si ruppe in due pezzi: uno fu conservato nel Wat Suan Dok, il “Tempio del giardino di fiori”, l’altro affidato al dorso di un elefante bianco che vagò nella giungla fino a morire, scegliendo così il luogo per il wat. Nel cortile più interno, dove campeggia il chedi dorato che ospita la reliquia, un monaco prepara l’occorrente per le offerte: incenso, candele, stagnola dorata e fiori di loto, sacri ai buddhisti perché nascono dal fango e si elevano al cielo, come l’anima che anela alla purezza. Il rituale prevede un dono in denaro, si accendono poi una candela e tre bacchette d’incenso. In ginocchio, col fiore tra le mani giunte sulla fronte, i devoti pregano e incollano la stagnola alle statue per propiziarsi saggezza, equilibrio, salute, pace interiore.

A MAE KAMPONG, CAFFÈ DI MONTAGNA E CUCINA DELLA TRADIZIONE

A Chiang Mai il mercato di Sanpakoi, in un quartiere a est del fiume Mae Ping, non è certo il pittoresco Warorot, il più grande della città, dove i locali contrattano frutta e verdura, fiori e spezie, carne e pesce, ma anche qui si trovano gli ingredienti per il pranzo previsto a Mae Kampong, villaggio una cinquantina di chilometri a nordest dalla città. Tra i banchetti, i profumi delle collane di fiori riservate ai templi si mescolano agli aromi dello street food thai: gai yang (pollo alla griglia), khao kha moo (piede di porco brasato con anice stellato), kanom jin (noodle di riso con curry). E ancora, montagne di manghi, fiammeggianti frutti del drago, banane e peperoncini. Con le sporte piene si sale ai 1.300 metri di questo piccolo centro thai diventato una richiestissima alternativa all’afa e al caos di Chiang Mai.
Mae Kampong è un altro notevole esperimento di turismo etico: le casette di legno sono immerse nella giungla, sulla via principale vari baretti offrono caffè di montagna locale e alcune famiglie danno una spartana ospitalità: su AirBnb un posto letto costa 15 euro. Mentre accompagnano i visitatori lungo un sentiero fino a una cascatella, le guide del paese mostrano le foglie di caffè, decantando le proprietà antiossidanti e antinfiammatorie delle tisane che se ne possono ricavare. Si pranza in una cucina privata, provando l’esperienza di preparare insieme a Anna il kai samun prai, pollo fritto con erbe. Si pestano nel mortaio curcuma e erba limoncina. Si tagliano a parte carote, zucchine, cavolfiore e fagiolini. Si uniscono il pollo, la salsa di soia, la salsa d’ostriche. Si impana il tutto in grano e tapioca. Delizioso pure il pad thai (tagliolini di riso) con verdure, gamberi, tofu, germogli di soia e makam priao, l’asprigno tamarindo maturo. E al piano di sopra, su materassi per terra, ci si può concedere un vero massaggio thai.

THAILANDIA DEL NORD: COSA VISITARE A CHIANG RAI E DINTORNI

Tre ore d’auto a nordest di Chiang Mai, alla periferia di Chiang Rai, il sole al tramonto stende un velo rosa sui bianchi ghirigori del Wat Rong Khun. Non sempre amato dai più tradizionalisti, il “Tempio Bianco” mescola sacro e profano, simboli tradizionali e fantasia pura. In stato di abbandono alla fine del Novecento, l’edificio sacro è un’installazione artistica realizzata dell’artista locale Chalermchai Kositpipat. Un work in progress che prevede anche un centro di meditazione, una galleria d’arte e le residenze per i monaci. L’edificio principale è un ubosot, una candida pagoda decorata con frammenti di specchi e Naga, rappresentazioni di divinità. All’interno, murales dai colori effervescenti fanno incontrare Michael Jackson, Harry Potter e Matrix con scene raffiguranti il peggio dell’uomo, dall’atomica al terrorismo.
Sempre sul filo della dialettica tra innovazione e tradizione, è questo il momento di visitare il tempio più sacro della città. L’antico Wat Phra Kaew, 15 chilometri a nord: una stupenda costruzione in stile Lanna dagli interni rosso e oro. È noto per aver ospitato, nel XIV secolo, il famoso Phra Kaew Morakot, il Buddha di Smeraldo, ora custodito al Royal Palace di Bangkok. Si narra che la statua in giada fosse stata scoperta quando un fulmine la colpì il tempio che la ospitava spaccandolo in due. Oggi una replica quasi identica (solo un millimetro più piccola, spiegano le guide), scolpita nel 1990 da un artista cinese, è custodita nell’adiacente, enorme Haw Phra Yoke.

THAILANDIA DEL NORD: RISAIE E PIANTAGIONI DI TÈ

Un’altra prova di come i thailandesi, popolo gentile e discreto, amino però colori forti e forme e dimensioni sbalorditive per i propri luoghi di preghiera. L’ennesima conferma è il Rong Sear Tean, a cinque minuti d’auto. Di costruzione recente, è dipinto in blu elettrico, colore associato al Dharma, cioè la legge universale naturale secondo la quale il Samsara, il ciclo delle rinascite, segue il suo corso.
Pochi chilometri a nord si incontra invece il perfetto contraltare, stilistico e cromatico, del Tempio bianco: il sinistro Baan Dam, anche noto come Black House. Un complesso di case nere – alcune ispirate all’architettura balinese – realizzate in legno, vetro, cemento, mattoni e terracotta dall’artista Thawan Duchanee per esibire la sua collezione di sculture, dipinti, ossa, pelli e corni di animali, e ancora tamburi, ceste e oggetti in argento e oro da tutto il mondo. La giornata finisce al Manee Dheva, resort di charme a Mae Chan, a 50 minuti d’auto: nove ville in stile Lanna contemporaneo tra le risaie di riso nero, rosso, giallo e bianco. Il ristorante, aperto anche ai clienti esterni, usa in prevalenza le verdure bio del proprio orto. Le campagne intorno sono famose per i serpeggianti campi terrazzati di tè pregiato.
Alla piantagione Ohadee 101, a 1.500 metri d’altitudine, ragazze con enormi ceste coniche sulle spalle scelgono le foglie tenere. Si degusta il leggero tè cinese Hulong 17 o il più forte Hulong 12, destinato a essere tagliato con qualità meno intense. Le foglie grezze costano 400-500 bath al chilo: 10-13 euro. Tutta l’area di Chiang Rai, poi, è base per escursioni a piedi, in auto o in bici ai villaggi di montagna dove vivono tribù di etnie minori come i Hmong Mien, i Thai Lu e i Phuan, prenotabili con il proprio tour operator.
La tappa successiva è al Rai Saeng Arun, romantico resort sul Mekong con un ristorante con vista sul fiume e sugli orti biologici: in menù il Tom kha gai, zuppa di pollo in salsa di cocco. Il Mekong nasce in Tibet e innerva sei Paesi: Cina, Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam, dove sfocia nel Mar Cinese Meridionale. Qui, però, al confine tra Thailandia e Laos, ancora non pullula di vita come sul Delta: navigando verso est si incrocia solo qualche lancia. Si sbarca presso il Wat Luang di Chiang Kong, dove campeggia un altare con l’effigie commemorativa per re Bhumibol Adulyadej. Siamo alla frontiera con il Laos. Qui molti turisti sconfinano, per visitare i celebri templi Patrimonio Unesco di Luang Prabang, già capitale del Regno di Lan Xang. Ma c’è anche chi si ferma semplicemente qui, per l’emozione di soggiornare sul grande fiume, dove la Thailandia finisce e inizia un’altra storia.

lunedì 13 novembre 2017

PARTIRIPARTI - LONDRA - STAZIONE DI PADDINGTON

La stazione di Londra Paddington (in inglese London Paddington) è una delle principali stazioni ferroviarie di Londra sita nel quartiere di Paddington da cui prende il nome. È aperta 24 ore al giorno.
È una stazione storica, essendo stata capolinea della Great Western Railway sin dal 1838. Gran parte delle strutture attuali della stazione risalgono al 1854 e vennero disegnate da Isambard Kingdom Brunel. Questa fu anche la prima stazione capolinea della Metropolitana di Londra nel 1863, quando era il terminal della Metropolitan and Metropolitan District Railways, la prima metropolitana ad essere stata costruita al mondo.
Nonostante la sua storicità e la necessità di preservare la sua antichità, essa è stata recentemente ristrutturata utilizzando delle architetture moderne ed è divenuta il terminal della linea Heathrow Express, servizio diretto con il Heathrow Airport. La stazione si trova nella zona 1 dei trasporti di Londra.



Il personaggio della letteratura per bambini Paddington Bear, ha preso il nome dalla stazione di Paddington. Nella serie di libri che lo riguardano, egli è stato trovato alla stazione di Paddington da una famiglia inglese. Egli proveniva dal Perù ed aveva un'etichetta legata al polso con su scritto "per favore aiutate quest'orso, grazie". Nella realtà esiste una statua di Paddington Bear nella Hall della stazione.

In queste settimane è in uscita il secondo capitolo della saga cinematrografica di Paddington: Paddington 2!

Paddington, sempre ospite della famiglia Brown, vuole spedire all'amata lontana zia orsa Lucy un bellissimo libro pop-up su Londra, ma quest'ultimo fa gola anche al vanesio attore in disarmo Phoenix Buchanan (Hugh Grant), per ragioni che non sveliamo. Ci limitiamo a dire che Paddington ne passerà di tutte i colori e subirà una tremenda ingiustizia, ma la gentilezza, la famiglia e gli inseparabili panini alla marmellata avranno ancora una volta la meglio. 
Link del sito ufficiale: www.paddingtonilfilm.it

mercoledì 8 novembre 2017

PARTIRIPARTI - COPENHAGEN

Copenaghen, alla ricerca della felicità

Si dice che la Danimarca sia uno dei paesi più felici al mondo. La sua capitale ha una ricetta, che è la tendenza hygge, l'arte di ritagliarsi piccoli piaceri in ogni momento e angolo della città. Dalle sponde del vecchio canale, e le sue case medievali, ai nuovi quartieri, ecco come mettersi al passo con il relax

 


«Hygge» è la ricetta danese della felicità. Ma cosa significa esattamente questo termine dalle sonorità atipiche (si pronuncia «u-ggh») per il nostro palato meridionale? Significa apprezzare piaceri semplici che fanno parte della vita quotidiana, liberandosi di cattivi pensieri. Dei piaceri che appartengono all’intimità domestica, come una cioccolata calda da bere vicino al camino o un pomeriggio di pioggia passato sul divano, ma anche al mondo esterno, come una passeggiata nel parco o sedersi a tavolino a sorseggiare un caffè. Sapere vivere di queste piccole cose aumenterebbe di maniera esponenziale il benessere di ciascuno, e sembra confermarlo anche l’ufficialissimo World Happiness Report, pubblicato dall’ONU, che piazza da diversi anni la Danimarca tra i paesi più felici al mondo. E Copenaghen, la sua capitale, ne è il fulcro.

Pedalando hygge, «I want to ride my bycicle»

La città danese è dotata di 350 chilometri di piste ciclabili. Aiutata da una geografia a puntino: con pochissimi dislivelli, relativamente poco estesa, Copenaghen si percorre al meglio e senza grandi difficoltà su due ruote. Secondo il sito Visitdenmark, solo 29 per cento dei suoi abitanti possiede un’auto e 56 per cento utilizza la bicicletta quotidianamente. La cifra sembra quasi minimizzata quando, all’ora di chiusura degli uffici, ci si ritrova sul ponte Inderhavnbroen, che collega Nyhavn, il canale costruito dai mercanti nel 12esimo secolo, al distretto di Christianshavn. Su questo ponte design inaugurato nel 2016, interamente pedonale o ciclabile, è uno sfrecciare di biciclette e guai a ritrovarsi sullo spazio destinato alle due ruote.
Proprio sulla sponda di Christianshavn, resa ormai accessibile al super-centro, si trova la Copenhagen Street Food.  In ex-rimesse di quella che era l’isola della carta, la Papirøen, dove la stampa danese immagazzinava le copie dei suoi quotidiani, si è allestito un mercato dedicato al cibo di strada. Immancabili food truck e containers riallestiti (39 in tutto) propongono le specialità delle cucine del mondo: giapponese, coreana e danese, per citarne alcune. All’esterno,  sdraio colorate permettono di approfittare della bella vista dal canale sul teatro dell’Opera. Riattraversando il ponte, e proseguendo sul lungofiume, si arriva all’isolotto del Kastellet. Questa cittadella militare, costruita da Cristiano IV di Danimarca per proteggere la città, è soprattutto una bucolica passeggiata tra stagni, mulini a vento e un prato dalle tonalità verdissime: uno spettacolo da non perdere durante la brevissima stagione del foliage.

Dove hygge e hype combaciano

Eppure bisogna allontanarsi dal centro turistico per assaggiare l’hygge quotidiano degli abitanti. Un quartiere è la quintessenza del savoir vivre di Copenaghen: Nørrebro (da seguire su Instagram con l’hashtag #nørrebro). Multiculturale, «multi-kulti», per eccellenza, a Nørrebro si arriva attraversando (in bici, sempre) il ponte Dronning Louise. Con la bella stagione, quest’ultimo è uno dei luoghi di ritrovo per degli aperitivi-picnic improvvisati, per godere del tramonto. Sempre alla ricerca della felicità. Ma il cuore pulsante del quartiere si trova nelle vicinanze del parco eponimo, il Nørrebroparken. È da qui che parte la Jægersbroggade, una stradina acciottolata dove si concentrano un ristorante stellato (il Relae dello chef Christian Puglisi, due stelle Michelin, dei coffee shop (come The Coffee Collective ), delle boutique di moda vintage (il quartiere è rinomato per lo shopping di seconda mano di capi di prêt-à-porter) e enoteche (da Terroiristen  vendono vino biodinamico, selezionato da vigneti italiani ma anche sloveni, bulgari e cileni).
È sempre nel parco, infine, che si trova il Byhaven 2200. Voluto dalla giovane Sandra Villumsen, si tratta di un community garden nel quale gli abitanti hanno allestito un orto urbano ma anche una zona di giochi per i bambini. Poco più lontano, Il Møller Kaffe og Køkken  è considerato uno dei migliori brunch di Copenaghen. Risalendo infine la Nørrebrogade, l’arteria principale, si sfocia sul Superkilen. Più studi di architetti si sono uniti per concepire questo sorprendente spazio urbano che combina un’area giochi per bambini, delle piste ciclabili e uno skate park (improvvisato).
Ma ecco, nella nostra gallery, le immagini della città che sa come rilassarsi (e fare rilassare i suoi ospiti).

lunedì 6 novembre 2017

PARTIRIPARTI - ANDAR PER FUNGHI

Andar per funghi: i posti migliori dove cercarli in Italia

 

 

Porcini, finferli, gallinacci e prataioli: i funghi sono i protagonisti della stagione autunnale. Dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, ecco i luoghi migliori dove cercarli, per fare scorta di prelibatezze e organizzare una gita all'aria aperta

 

Autunno, tempo di funghi. Da scovare nei boschi e da gustare in tavola. Tra porcini, prataioli, gallinacci, chiodini c’è davvero l’imbarazzo della scelta per i cercatori che quest’anno possono contare su un autunno più generoso del previsto, grazie a un’estate calda, seguita dalle  attese piogge in particolare nel Nord Italia, molte meno al Sud. Il Paese è pieno di “stazioni di crescita” (così si chiamano in gergo tecnico le zone vocate) e sono per lo più ad appannaggio di cercatori professionisti (muniti di regolare tesserino per la raccolta); ma i gitanti  – che comunque hanno da pagare dei balzelli – ingrossano e di parecchio le fila degli esperti. Perché andar per funghi è anche un modo di godersi i boschi e i colori dell’autunno. Quindi che si torni o meno a casa con il cesto pieno, vale la pena fare una mappa delle zone più interessanti in Italia, dove cercare funghi. Per ricchezza e per bellezza, ecco le migliori.

PORCINI, FINFERLI E GALLINACCI: DOVE CERCARE FUNGHI NEL NORD ITALIA

Prima che arrivi la neve, la Thuile, il comune più occidentale della Valle d’Aosta, ha boschi ricchi di porcini e finferli. Le zone limitrofe alle cascate del Lutor sono un ottimo punto di ricerca ed è bella l’escursione lungo la mulattiera che si addentra nelle conifere.
Nel Parco dell’Aveto gli appassionati di funghi vanno quasi in pellegrinaggio. Siamo in Liguria, nell’entroterra del Tigullio. I laghetti delle Lame creano habitat umidi perfetti e qui c’è il Calocybe Gambosa, meglio conosciuto come spinarolo, una chicca per intenditori perché piccolo e raro. Si consuma in umido o sott’olio.
In Piemonte, nel Canavese e in particolare a Cossano, tutti aspettano la stagione del “bulè” (termine dialettale che identifica i funghi commestibili in generale, anche se in questa zona ci si riferisce quasi sempre ai porcini) che si trova tra i boschi di castagni e querce a 400 metri di altezza. A piedi, con una piacevole passeggiata, si arriva facilmente anche a un bene del Fai, il Castello di Masino, con il labirinto tra i più grandi d’Italia.
Stretta tra il Lago di Como e quello di Lugano, la valle d’Intelvi, in Lombardia, è terra di un alpinismo rilassato. Segue il corso del torrente Telo con la sua caratteristica forma ad Y rovesciata ed è zona famosa soprattutto per il “balcone d’Italia”, la cima del Monte Scighignola davanti alla quale scorre tutta la catena alpina con Monte Rosa e Cervino nitidissimi e, nelle giornate più belle, il Monviso. In seconda battuta, ci si va per i porcini.
Ad Est sono invece le Dolomiti del Brenta a fare da scenario alla ricerca dei funghi, come sull’altopiano della Paganella, in Trentino,  e tutt’intorno alle rive del Lago di Molveno: le abetaie sono ricche di porcini, prataioli, mazze di tamburo e gallinacci. In Val di Non, invece, non si cercano solo le mele: dove Alto Adige e Trentino si toccano, si gira anche per funghi, in particolare a Rumo, Predaia e a Cles. Ed è quasi scontato che gli alberghi della zona, nei loro pacchetti all inclusive, comprendano i permessi di raccolta.

DOVE CERCARE FUNGHI NEL CENTRO ITALIA, DALL’EMILIA ROMAGNA ALL’UMBRIA

In Emilia Romagna fanno ancora più sul serio, con una vera e propria Strada del Fungo Porcino, a Borgotaro nell’alta Val Taro – Appennino Parmense – dove il miceto si fregia del marchio IGP. L’assalto ai boschi, da queste parti è tale che fin dagli anni Sessanta sono state istituite delle apposite riserve per la raccolta.
Nel Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, il paese di Cerreto Laghi, invece, si è inventato il Campionato Mondiale del Fungo, dove al posto dei maratoneti ci sono cercatori di funghi che adottano tecniche e tattiche di depistaggio per arrivare primi. Qui la competizione serve anche per far conoscere la bellezza dei boschi e farne rispettare l’ecosistema, tant’è che il Parco, due anni fa, ha ricevuto il riconoscimento Unesco come riserva di biosfera.
Un settembre assai piovoso in Toscana ha fatto partire la corsa al porcino in anticipo. Le colline più battute sono state quelle Metallifere e Ardenghesche mentre le destinazioni da segnare in rosso sono il comprensorio di Massa Marittima, Montieri, Roccastrada e le pendici del monte Amiata. Qui da anni, fino a inizio novembre, si svolge la rassegna #AmiatAutunno con tantissimi appuntamenti dedicati al prodotto: cucina, vendita e convegni micologici.
Spostandosi nelle Marche, i fungaioli indicano il Monte Acuto come posto ideale. È una delle vette del gruppo del Monte Catria, zona ricca di alberi di sughero e di porcini neri e ovuli. Sul Monte Nerone, in provincia di Pesaro Urbino, si va invece in cerca di Pinaroli (che come suggerisce il nome cresce nelle vicinanze dei pini) funghi pregiati che molti definiscono “cugini” dei porcini.

DAL CILENTO AL PARCO DELL’ETNA, TUTTI I POSTI DOVE CERCARE FUNGHI NEL SUD ITALIA

Il Parco del Cilento e del Vallo di Diano, in Campania, è la seconda area protetta italiana per estensione (la prima è quella del Pollino) ed è naturale che in un territorio morfologicamente così articolato si raccolgano svariate tipologie di funghi: porcini, ovuli, gallinacci, prataioli, amanite, mazze di tamburo sono diffusi un po’ in tutti i boschi del Cilento. Qui non a caso, la raccolta ha una tradizione antica e così capita, durante una scampagnata, di incontrare cercatori disposti a spiegare come variano le proprietà organolettiche dei funghi in base alla zona di crescita: il porcino nero ha per esempio sapore differente a seconda che venga raccolto tra i faggi, nella fascia montana oltre i 1300 metri, nei boschi di castagno, tra i 500 e i 1200 metri, o ancora tra le querce o nella macchia mediterranea tra i 500 e la pianura. Il regno dei funghi qui è il comune di Campora che, nel rispetto del suo ecosistema, aveva regolamentato la raccolta dei miceti già nel 1928.
La Calabria è la prima regione esportatrice di porcini e il dato non stupisce  vista l’estensione boschiva del territorio. Il paradiso dei “fungiari” (così chiamati in dialetto) sono i monti e gli altipiani della Sila dove è tutto un susseguirsi di boschi di abeti e pini, ma anche di laghi e pascoli. Nell’intera regione le specie classificate sono più di tremila, mentre tra i funghi silani più ambiti – oltre al porcino – ci sono il Rossitto o Rosito, così detto per la sua colorazione rosacea, la Mazza di Tamburo e i Vavusi che crescono sotto le conifere.
Il binomio funghi-Sicilia funziona e i luoghi di raccolta vocati sono diversi. A cominciare dal vulcano: nel Parco dell’Etna la zona privilegiata è  quella più umida, a Giarrita, nel comune di Sant’Alfio, nell’area B del Parco. Anche il Parco dei Nebrodi vanta una vasta distesa di funghi, dai Boleti alla pregiatissima Amanita Cesarea o fungo d’uovo. L’area è quella tra i comuni di Cesarò e San Fratello. Altro parco altri sentieri da battere: quello delle Madonie conta su oltre mille tipologie di funghi. Tra questi, uno pregiatissimo – e al contempo rarissimo e primaverile – il Basilisco, dalle carni sode e bianche, che cresce solo sui pendii più alti e assolati. Più rustico e molto usato nella cucina madonita è il “Funciu di Fera” – nome scientifico Pleurotus –  che spunta da fine autunno a inizio primavera. Non mancano poi porcini, ovuli e gallinacci nei boschi di castagno, leccio e pino.

 

 

mercoledì 1 novembre 2017

PARTIRIPARTI - CRETA

Creta - la perla del Mediterraneo



Creta è un'isola annoverata tra le più belle del mondo, in grado di soddisfare le esigenze più disparate.
È una meta adatta a quanti amano il mare e la vita notturna ma anche ai giovani che viaggiano con il sacco a pelo e agli appassionati del turismo ecologico in generale.

Anche chi è interessato all'arte non rimarrà deluso. Il museo archeologico del capoluogo permette di farsi un'idea precisa dell'epoca minoica. In più ci sono vari siti archeologici da visitare, Cnosso, il più famoso di tutti ma anche Festo, Kato Zakros, Gortyna, Malia.

Cenni storici

Creta fu il centro della civiltà minoica di cui rimangono numerose testimonianze. Il museo archeologico di Candia (Heraklio) contiene abbondante materiale dell'epoca. Divenne quindi una provincia dell'impero romano e alla spartizione di questo seguì le sorti dell'impero bizantino, tranne un breve periodo in cui fu soggiogata dagli Arabi. In seguito agli eventi delle crociate entrò nell'orbita di Venezia che la dominò a lungo prima di soccombere agli invasori Ottomani. Questi ultimi la tennero fin quasi alla fine del XIX secolo, quando Creta, dopo un breve periodo di autonomia, fu riunita al regno di Grecia. Durante il periodo della II guerra mondiale fu invasa dai Tedeschi con una fulminea operazione costringendo gli Inglesi a sloggiare in tutta fretta. Gli eventi di quel periodo sono passati alla storia sotto il nome di battaglia di Creta.

Centri urbani

Chi è alieno dal frastuono e non è interessato alla vita notturna non ha che l'imbarazzo della scelta ma si trasferirà di preferenza nel tratto della costa meridionale che va da Matala a Ierapetra e anche un po' oltre a Ferma per esempio dove esistono alberghi confortevoli, non cari e adatti a borghesi amanti del dolce far niente.

I cultori del naturismo si dirigeranno anch'essi sulla costa meridionale ma nel suo tratto orientale là dove pullulano Tedeschi e Scandinavi amanti del genere. Loutro è il centro più esclusivo per coltivare questo tipo di "hobby".

Le famigliole con bambini piccoli e portafoglio limitato molto probabilmente si recheranno in agenzia ove acquisteranno qualche pacchetto turistico comprensivo di viaggio+alloggio. Si ritroveranno così catapultati in uno degli anonimi centri balneari immediatamente ad ovest di Chania che personalmente non consiglierei a nessuno, essendo più simili a ghetti che a posti di vacanza. Altri ancora corrono il rischio di essere frodati.
A Creta esiste un vasto e vecchiotto albergo a 4 stelle che sta proprio a ridosso dell'unica centrale elettrica dell'isola, un posto da incubo. Solo una serie di cespugli di oleandro separa il complesso alberghiero dalla centrale. Eppure è sempre pieno. Segno che le agenzie fanno bene il loro lavoro.
Anche per chi ha il portafoglio gonfio la scelta è varia. Elounda vicino Spinalonga, ultimo baluardo del dominio veneziano a Creta, è un centro balneare di lusso tenuto in gran conto dai Greci, un po' meno dai turisti internazionali.

Cosa vedere


Creta è un'isola molto grande e ci sono tante cose da fare e vedere. Per vedere tutto ci vogliono almeno 2 settimane. Per vedere tutto con calma e in modo approfondito ci vorrebbe un mese.
  • Paesaggi. A meno che non stiate tutto il tempo in un resort sulla spiaggia dovrete guidare attraverso l'isola. In questo modo scoprirete la diversità e la bellezza del paesaggio cretese. Montagne da cui ammirare panorami spettacolari, vallate dove si stendono gli uliveti, vigneti, frutteti di arance e limoni, campi di carciofi e molto altro. Ci sono gole e spiagge incantevoli. Foreste rigogliose e aree quasi desertiche con cactus e palme.
  • Rovine dell'antica civiltà Minoica. L'arte minoica di oltre 4.000 anni fa, è documentata nei siti archeologici di Cnosso, Festo e Zakros oltre che dalle collezioni esposte nel museo archeologico di Candia (Heraklion). Il Palazzo di Cnosso è senza dubbio il più famoso esempio dell'antica civiltà dell'isola, e il Museo Archeologico di Candia contiene magnifici reperti. Le rovine di Phaistos, Gortys, e il Palazzo di Malia Mallia sono ugualmente impressionanti. Ma in tutta l'isola si nascondono tesori come le rovine di Gournia. Questi siti (inclusi gli antichi monasteri e altri) sono segnati dai cartelli marroni in greco e inglese.
  • Arte di epoca ellenistica e romana è attestata dal sito archeologico di Gortyna, a breve distanza da Festo
  • Arte medievale e rinascimentale di stampo veneziano è documentata nei centri di Candia, Chania e Rethymno
  • I più importanti musei archeologici si trovano nei principali centri come Chania, Rethymnon, ed Heraklion. Ma cene sono altri nei villaggi. Se vedete un cartello che pubblicizza "folklore" o "traditional house" fate una visita. Probabile che finirete per scoprire aspetti dell'isola del passato.
  • Spinalonga. Sulla baia di Elounda nella parte orientale, quest'isola è affascinante. Era una fortezza veneziana poi occupata dai Turchi. Fu l'ultimo avamposto dell'Impero Ottomano sull'isola. Nel 1903 divenne un rifugio per i lebbrosi come raccontato nel romanzo "The Island" di Victoria Hislop. Nel 1957 trovata la cura l'isola fu abbandonata. Oggi è aperta al pubblico e fornisce un affascinante sguardo sull'architettura dei vari periodi storici e uno sguardo sulla vita degli ammalati che venivano esiliati qui.
  • Monasteri. Si trovano in tutta l'isola e quasi tutti accettano visitatori. Uno dei più belli è quello di San Giorgio di Selinari sulla strada tra Malia ed Agis Nikolaos. C'è una grande parcheggio e un posto dove mangiare. Bagni puliti e negozio di souvenir. Sopra c'è il monastero vero e proprio che è un'imponente struttura in stile bizantino.
  • Caverne. A Creta ci sono oltre 3000 caverne. Alcune sono famose, come quella nel sud-ovest dell'isola dove si dice visse e predicò San paolo dopo essere arrivato sull'isola in seguito ad una tempesta. Un'altra accessibile e famosa è quella di Milatos. Milatos è un villaggio nella provincia di Lasithi e la caverna sopra il villaggio è dove gli abitanti cercarono rifugio dai Turchi nel 1823. Riuscirono a sopravvivere per 2 settimane poi molti vennero uccisi o venduti come schiavi. Dentro la caverna c'è una cappella e un ossario che si dice raccolga le ossa di chi venne ucciso. Portatevi scarpe comode e una torcia elettrica.