Tra i borghi delle Marche: da Urbino, alla scoperta del Fermano e del Piceno
Un'avventura slow da Urbino verso l'entroterra di Fermo e del Piceno. Campagne, colline e borghi-gioiello dove si lavora a un nuovo Rinascimento
“Invecchia solo chi vuole invecchiare”, ripeteva Carlo Bo, critico letterario e indimenticato rettore dell’università di Urbino, che amava offrire perle di saggezza agli studenti. Il grande letterato adorava questa piccola capitale del Rinascimento
proprio per la sua ostinazione nel preferire la divertita vitalità
della provincia al destino noioso di ennesimo museo a cielo aperto
italiano. Un aforisma. Come quello che la gente di qui ama ripete
invitando i viaggiatori a prendersi il proprio tempo tra il Palazzo Ducale e le tante chiese del centro storico, Patrimonio dell’Umanità, per poi magari scendere a sud, verso il Fermano, tra borghi fortificati come Mondavio, Corinaldo, Ostra, o lungo il saliscendi tra Cingoli e Tolentino: “La linea retta non è sempre il modo migliore per raggiungere un punto”.
La divagazione, la lentezza diventano stile di vita e quasi una benedizione quando poi si arriva a Servigliano,
meraviglia urbanistica con tre archi di apertura sul cardo e sul
decumano, un convento ricco di affreschi e un ex campo di prigionia
trasformato in Parco della Pace. Qui dalle scosse del
2016 e 2017 gli abitanti hanno subito danni materiali relativi, ma
effetti pesanti sul turismo. Oggi però c’è in giro più pragmatismo che
depressione in questa località già rinata nel 1772, quando il vecchio
paese, travolto da un gigantesco smottamento, divenne il laboratorio
della “città ideale” sognata da papa Clemente XIV. E la porta di una
terra punteggiata di rocche, vigne e paesini. Difficile scegliere dove
fermarsi. Con i borghi è come con i figli: se si ha una predilezione
deve essere discreta. Una sorpresa – almeno per chi pensa ancora a delle
Marche chiuse, malinconicamente leopardiane – è la vitalità di Moresco. Meno di 700 abitanti. L’immancabile castello a sovrastare la Valle dell’Aso,
una torre a sette lati dalle merlature ghibelline, oggi centro d’arti
visive, e una piccola chiesa che dai primi del Novecento fa da
miniteatro, con 50 posti e un affresco del Quattrocento dietro il palco.
Sulla vicina collina, Monterubbiano è al centro di una
rete di sentieri e ciclabili, sede di feste che ogni anno rievocano la
liberazione da tiranni del passato, ma anche del Teatro Pagani e del polo culturale San Francesco, con auditorium, centro di educazione ambientale e orto botanico.
Lasciando il Fermano per il Piceno, tra i vari borghi delle Marche, merita una visita Ripatransone:
offre cinque musei per meno di cinquemila abitanti – Archeologico, del
Vasaio, della Cultura contadina – in un borgo compatto, con una tela del
Guercino nella cattedrale e un vicolo largo solo 43
centimetri: se non è un errore, è un record. Non lo sono i 494 metri di
altitudine, sufficienti però alla nomea di “belvedere panoramico del
Piceno”. Si devia verso Offida, a sud del fiume Tesino,
per i vigneti, gli oliveti e le ultime merlettaie al lavoro; una terra
di mezzo che è un margine e unisce le due migliori tra le Marche
ascolane, l’ovest e l’est, i Monti Sibillini e l’Adriatico. Con tanti vini da degustare in cantina, tesori antichi a base di uve Montepulciano, Sangiovese, Trebbiano, Pecorina, Passerina. Acquaviva Picena
è il trionfo finale del tour del “piccolo è bello”, lontano da
traffico, autostrade e centri commerciali, in micromondi insieme
marginali e vitali. La maestosa e severa fortezza medievale degli
Acquaviva, con una piccola area espositiva nel mastio, quasi stride con
le atmosfere curate del centro storico steso tra due colline, la
compostezza delle stradine parallele raccordate da rampe gradonate,
l’intimità del Vicolo del Trabucco, dove un tempo stavano le catapulte. In via del Cavaliere ha appena trovato nuova sede il Museo della Pajarola, dedicato al tipico cesto di paglia locale. Qui l’Associazione TerraViva
racconta come, in questa terra, con una manciata di paglia, si possa
fare di tutto: il necessario e il voluttuario, utensili e lampadari,
orologi, perfino orecchini. Un altro segnale di risveglio per la regione
ferita. Un passo ulteriore verso il suo ennesimo, piccolo Rinascimento.
Come, del resto, eventi quali il festival musicale itinerante estivo RisorgiMarche, le fiere di produttori (For Marche, Food for Good) o anche solo il fatto che qui si trovino le pesche,
paste frolle ripiene di cioccolata e bagnate con il liquore Alchèrmes.
Da assaporare, ancora una volta, dimenticando l’orologio.